Se finora avevamo scherzato (?), con il taglio dei serbatoi strutturali si comincia a far sul serio!
Rebound è una barca in alluminio del 1986 e in quel periodo i progettisti navali prevedevano molto spesso serbatoi strutturali.

 

Cosa significa

in pratica una parte della “pancia” della barca viene utilizzata in tal senso; le ordinate fanno da base per alzare paratie antisciabordio e poi si va a chiudere sopra con i vari tappi di ispezione.
Per evitare che l’acqua crei danni (il gasolio è meno pericoloso per le lamiere di alluminio; anzi in qualche maniera le protegge), abbisognano di una protezione a mezzo guaine o vernici come di seguito spiegato.

 

Perché non vanno bene

Dopo il periodo storico in questione anche la legislazione ha preso posizione ritenendo insicuri i serbatoi strutturali; tant’è che oggi nessuna barca viene prodotta in tal modo.
Oltretutto, come anticipato, al fine di proteggere le lamiere dalla corrosione dell’acqua, sporcizia e correnti dovute agli stessi sensori di livello, i serbatoi venivano rivestiti con un materiale ad hoc: primer, vernici alimentari e, vedi il caso di Rebound, materiale butilico del tipo che si usava sui velieri antichi per il calafataggio… sigh.

Finché non v’è necessità di rimuovere questa sorta di catrame gommoso, nessun problema; diverso se, come nel nostro caso, bisogna verificare le lamiere o, semplicemente, ripristinare ex novo la protezione.

Come già accennato in uno dei primi articoli, nonostante tappi di ispezione generosi, non esiste tecnica credibile che consenta l’asportazione totale e perfetta di detto mostruoso materiale (a meno di essere un puffo dotato persino di tanta pazienza): credeteci, ce l’abbiamo messa tutta e con ogni mezzo, ma inutilmente.
Per cui, un po’ per questo motivo e un po’ (direi soprattutto) per voler eliminare i serbatoi strutturali, ci siamo decisi di procedere con il taglio dei serbatoi, modificandoli come segue.

Tuttavia prima di passare oltre, devo ammettere che il butile ha protetto egregiamente le lamiere; uniche zone che non hanno risentito delle camolature, al contrario presenti in quasi tutta la sentina di Rebound (spiegherò nel prossimo articolo il tutto).

 

Taglio dei serbatoi e sorprese

Per prima cosa vanno apposti segni e codici sulla travatura di legno che porta i paglioli; insieme alle foto ci consentiranno poi di ricostruire nel miglior modo possibile il “puzzle”.
Poi si taglieranno i travetti ingombranti la zona di lavoro, e una parte della panca del quadrato (operazione che ha richiesto precisione e coraggio: la prima grazie al fedele MultiMaster; il secondo è oramai il presupposto all’origine di questa immensa avventura di nome Rebound!)
Successivamente si fanno saltare i tappi di ispezione, di modo poi da agevolare il passaggio del seghetto alternativo.

Qui vorrei fermarmi un secondo: mai avrei pensato (per mia semplice ignoranza) di poter tagliare le lamiere di alluminio con detto strumento, di solito utilizzato per lavorazioni con il legno; invece, e dopo suggerimento del buon Fabio (Metalsud), ricevuto a sua volta e a suo tempo dal mitico Ernesto Tross (“ci si è fatto 3 barche” cit. Fabio), eccomi a tagliare le lamiere come burro e velocemente. Incredibile davvero! Ovviamente mi sono affidato a uno strumento di qualità, quale si è dimostrato il Makita da me scelto dopo attenta analisi di mercato.

Purtroppo in diversi punti ho dovuto ricorrere comunque al classico frullino e dischi per alu: pessima scelta quest’ultimi, ritenuti dal sottoscritto specifici e dunque migliori (vero), ma dalla resa ridicola rispetto ai classici e generici “per metallo”.

Terminata l’apertura dei tappi, stile scatola di sardine, ecco la prima sorpresa: le paratie antisciabordio, man mano si procedeva con il taglio, aumentavano il loro svergolamento (una più dell’altra).

Avendo intuito che Rebound, tra le tante sventure, avesse subito anche un urto (caduta sull’invaso in fase di alaggio? Incidente diverso? Misteri che rimarranno tali), causa di un abbozzamento nell’opera viva e, forse, riparazione con nuova pezza rettangolare saldata proprio in corrispondenza del serbatoio, attraverso i tappi di ispezione si notava una leggera deformazione alla base; risposta abbastanza esplicita a conferma dell’intuizione di cui sopra.
Ebbene, una volta “sciolte da costrizioni”, le paratie è come se avessero potuto finalmente liberarsi della tensione accumulata nell’incidente, svergolandosi per l’appunto in modo definitivo.

A questo punto si presentavano 2 possibilità:

– provare a raddrizzarle con molta attenzione e magari aiutati dal ritiro delle lamiere una volta saldati i tappi delle oramai inutili asole di comunicazione;

– tagliarle definitivamente, lasciando una minima battuta utile al saldatore, per nuove future paratie.

Trovandoci di fronte a un refitting che è “leggermente” più di una semplice verniciata, e volendo mantenere fede alla promessa fatta a Rebound non solo di farla rivivere a modino, ma di renderla ancor più solida di prima, scegliamo chiaramente la seconda.

E dunque senza colpo ferire, via alle paratie, molatura delle battute lasciate a vantaggio del saldatore e zona serbatoi pronta per essere pulita meccanicamente dalla indefessa Başak: per sua fortuna ora l’area di lavoro è decisamente molto più confortevole di prima.

 

Cosa avverrà

Dopo aver studiato con attenzione la situazione insieme a amici progettisti e soprattutto costruttori di scafi in alluminio, ne è emerso quanto segue.
Le paratie come detto assolvevano alla funzione di ordinate; pertanto vista anche la zona critica (il centro barca è probabilmente la parte più vulnerabile di una nave, dove gli stress e le torsioni mettono a dura prova la struttura), non potevamo semplicemente tagliar via tutto e calare un serbatoio in plastica come se niente fosse.
Ecco allora che il taglio dei serbatoi non solo è stato provvidenziale ai fini dell’upgrade in termini di stoccaggio acqua, ma ha fatto emergere un problema a cui risponderemo con paratie nuove, alias ordinate, di spessore maggiore (8 mm anziché i 5 mm originali), senza asole di comunicazione (ora inutili); tra gli spazi creati caleremo i nuovi serbatoi in plastica, realizzati su misura dal nostro sponsor Pulimec (Luca, il titolare, è una rarità nel settore, quindi tenetelo presente: ripara efficacemente persino i serbatoi di serie), i quali comunicheranno tramite apposita raccorderia esterna; dopodiché andremo a rinforzare la continuità strutturale delle ordinate grazie a piattabande adeguatamente dimensionate e imbullonate. Personalmente credo che aggiungerò ulteriori piattabande in senso longitudinale, di modo da rinforzare ulteriormente, seguendo una logica di travature reticolari: insomma Rebound deve divenire un carro armato, punto e basta!

Il nuovo sistema consentirà di poter ispezionare le lamiere ogni tot anni, eventualmente riparare agevolmente i serbatoi sbarcandoli senza problemi e frazionando il circuito alla bisogna: più smart di così non ce n’è.

Preparatevi, perché i lavori di Rebound entrano sul serio nel vivo e presto ne vedrete delle belle (per così dire). Al momento godetevi il video.
Reuse, Reduce, Rebound!

 

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