Gianluca ha alcuni quesiti importanti tra cui come spostare la residenza in barca e la possibilità di fare charter.

Risponde Giampaolo

Ciao Giampaolo, ti chiedo una cosa che probabilmente ti hanno già chiesto in molti. Trovo delle difficoltà per quanto riguarda la residenza in barca, nel tuo libro ci sono delle risposte? Inoltre, è possibile mantenersi esercitando il noleggio occasionale? Sempre secondo il legislatore. Grazie

Gianluca mi pone questa domanda a cui rispondo volentieri

Ciao Gianluca, ti rispondo subito che nel mio libro non c’è la risposta al tuo primo quesito, ovvero la residenza in barca.

Si può fare” parla della nostra scelta di vita, mia e di Başak, affrontando argomenti magari non sempre tecnici, ma forse più profondi per stimolare riflessioni al lettore. Certo mi avrebbe fatto piacere parlare di tutto, ma un libro per quanto ben fatto, obiettivamente non può trattare ogni dettaglio tra i milioni insiti in un passo del genere. Ne approfitto per ricordarti comunque che è in prossima uscita la nuova edizione, per cui ti consiglio di attendere ancora un po’ così da ritrovarti in mano con un libro più completo e arricchito di oltre 30 pagine.

Veniamo quindi alla tua domanda.

In realtà la legge italiana dovrebbe garantire la residenza a ogni individuo, ma è vero che poi la questione si scontra contro le autonomie comunali. Ricordo difatti che a Roma, o meglio a Fiumicino, ci avevano creato problemi, e l’unica strada percorribile sarebbe stata quella di dichiararci “senza fissa dimora”, agevolando così le operazioni burocratiche come per qualsiasi ‘clochard’. Ma la cosa non fu comunque possibile, in quanto per ottenere questo “incredibile e ambito” status, devi realmente non aver alcun appoggio, quale un parente, una madre, fratello et similia potenzialmente pronti ad accoglierti, queste le rimostranze degli addetti comunali. Lo so che sembra assurdo, in quanto ci si potrebbe ritrovare si con molti parenti, ma magari non in ottimi rapporti. Ma stai attento, in quanto è solo ostruzione senza alcun valore legale: chiunque ha diritto, in caso di nessun immobile intestato, di accedere allo status di SFD.

E purtroppo all’epoca il ‘SFD’ era l’unica opzione per bypassare la residenza in barca: così facendo avrebbero deviato la posta e ogni comunicazione ufficiale, o presso l’indirizzo di un conoscente da noi indicato, oppure perso nel vuoto dell’indirizzo virtuale cui ogni comune è tenuto indicare sul documento di identità (molto diffuso Via Modesta Valenti: leggi su internet la storia di questa persona). Ne consegue che nell’ultimo caso, sarebbe tua cura recarti nelle sedi istituzionali ogni tanto, per verificare se c’è qualche comunicazione importante giacente a tuo carico (pensiamo all’Agenzia delle Entrate, piuttosto che altro).

Ecco perché a costo di armarsi di santa pazienza (e in alcuni casi pronti alle vie legali), in teoria un comune non può rifiutarsi di concederti la residenza in barca, né tanto meno lo status di SDF.

Tra l’altro la residenza in camper/roulotte è cosa nota e si verifica da anni, non si capisce il motivo per cui effettuare un’eccezione per la barca: è solo e semplice assenza di statistica, tutto qui.

Parliamo del 2008.

Ad oggi le cose sono un po’ cambiate, e mentre in quegli anni erano pochi i comuni aperti alla residenza in barca, ora dato anche il diffondersi delle persone che hanno scelto (e continuano a scegliere) di vivere in barca, risulta tutto più facile: basta indicare il posto fisso dove sei in grado di ricevere la corrispondenza, e dove il vigile incaricato verrà a verificare la tua presenza prima del rilascio del certificato. Ciò significa che certamente devi avere un contratto con un marina, o un porto, che ti consente di dimostrare una ‘dimora stabile’, indicando al comune il numero di posto, la banchina e l’indirizzo, che compariranno nel nuovo documento di identità. Dopodiché certamente sarai libero di muoverti come vuoi, in giro per il mondo, così come faresti con un appartamento: in tua assenza il marina ritirerà la posta per te.

Ma ripeto, potresti sempre trovare l’ostruzione dell’addetto allo sportello, ebbene tu non scoraggiarti e pretendi la residenza in barca. È un tuo diritto.

E ora la seconda domanda, di cui ne do accenno nel libro: charter.

La risposta però caro Gianluca è a tratti complicata, e capirai il perché.

Se partiamo dal presupposto di una vita a basso budget, ogni attività che tu volessi intraprendere, ti consentirebbe di sbarcare il lunario senza grosse difficoltà; dunque anche per quanto riguarda la pratica del charter (ma in realtà immagino che tu intenda il noleggio: mi raccomando facciamo attenzione alla terminologia) otterresti lo stesso risultato, a maggior ragione dato il tetto per il regime forfettario che lo stato italiano consente per il noleggio occasionale: oggettivamente 42 giorni di noleggio non sono pochi, e data l’assenza del limite economico (come invece nella prima normativa), direi che possano uscirne ottime soddisfazioni. Basta farsi due conti: 6 settimane di lavoro con 4 persone a bordo, per circa 500 a settimana/persona, fanno 12.000 euro l’anno, cifra che potrebbe aumentare e non di poco se il canone richiesto fosse più alto; certo va tolta l’imposta del 20%, ma in ogni caso direi che ci si possa accontentare.

Quindi sulla carta tutto facile e fattibile, ora però passiamo all’effettiva vendita delle settimane.

Spesso mi trovo a spiegare ai tanti amici che ci prendono come esempio, o che partecipano ai corsi sul cambio vita, quanto puntare al “charter”, possa rivelarsi una grande delusione.

I motivi sono molteplici.

Innanzitutto la dimensione della barca: oggi le compagnie di charter impiegano barche recenti, spesso dai 14 metri a salire, ogni cabina un bagno.

L’aggressività: c’è molta concorrenza, e le compagnie aprono e chiudono, fanno guerra dei prezzi, e soprattutto molta pubblicità, quindi investimenti talvolta importanti.

Il mercato della locazione: si è ampiamente diffuso, e molti possessori di patente, tendono a sperimentare ‘una settimana da leoni’, insieme a qualche amico o alla famiglia. Le unità da diporto si sono adeguate a tal punto che quasi tutti i cantieri, in particolare i grandi marchi consumer, si rivolgono principalmente alle compagnie di charter: da qui le barche di cui sopra, sempre più larghe, sempre più camper e abitabili.

Concorrenza: chi ancora opta per trascorrere una settimana serenamente tra le braccia competenti del bravo comandante, tende a scegliere che negli anni è riuscito a costruire una buona reputazione e esperienza.

Cosa fare? Prenderne atto e regolarsi di conseguenza. Io e Başak, in qualche modo rientriamo nell’ultima casistica, cosa per cui oramai, inutile nasconderlo, in effetti non abbiamo più l’esigenza di ‘cercare i clienti’ ma al contrario, non mi vergogno a scriverlo, a volte dover dire di no, per tutta una serie di motivi, anche di selezione quando riteniamo ci sia incompatibilità con il nostro modo di vivere il mare, e quindi l’offerta di vacanza proposta.

E proprio perché sono consapevole di essere una mosca bianca, lo faccio presente per evitare che le persone credano alle favole. Il ‘charter’ (il noleggio), è un lavoro duro e richiede o molta pazienza, o aggressività oppure una forte specializzazione, che può prescindere persino dalla dimensione dell’imbarcazione, così come spiego nei corsi.

Gianluca, concludo dicendoti che comunque sia, per quanto riguarda il poter mettere la residenza in barca e fare charter, ‘si può fare’, quindi non scoraggiarti, basta credere in quel che vuoi e non sottovalutando la realtà.

Buon vento e per qualsiasi cosa il Gruppo GAS è qui.

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