Qui puoi trovare l’episodio precedente del viaggio “Dalla Turchia alla Francia”

 

La rada scelta per la notte antecedente al lungo viaggio non è stata felice: in pratica una vera e propria notte da galera, tanto rolliamo per la fastidiosa risacca non prevista.
All’alba ci liberiamo del supplizio e veleggiamo verso la prima tappa, Gyali, l’isola bianca di pomice.
Inizia anche la necessità di avere una strategia di navigazione: questa avviene triangolando alcuni modelli meteo, tra cui i file grib che, una volta scaricati, rimangono consultabili anche senza linea. Certamente il tutto unito all’esperienza maturata, la conoscenza della barca, le capacità prestazionali alle varie andature così come la possibilità di stringere il vento. Forse questo viaggio è anche un test non cercato per capire cosa ci portiamo dietro, quanto pesante è il bagaglio delle miglia e del tempo trascorso in mare.

Anticipo serenamente che finora, grazie soprattutto all’affidabilità dei siti meteo, stiamo indovinando tutte le strategie.

Ci mettiamo subito a vela tenendoci sotto costa e utilizzando le raffiche costiere da N-NW e si procede allegramente fino all’altezza di Palamut Buku. Qui sappiamo che il vento inizierà a modificarsi intensificando insieme al mare e peggio venendo da SW: Knidos è vicina e con lei il canale di Kos, sempre molto reattivo quando il Meltemi soffia.
È importante utilizzare il NW fin quando possibile, poiché a breve l’influenza del SW sarà tale da costringerci a bordeggiare parecchio per arrivare a destinazione. Se c’è il mare a noi noto non sarà un’esperienza divertente.
Le previsioni trovano conferma e Gyali benché in vista diventa sempre più lontana.
Scegliamo a questo punto di allungarci fin sotto Nisiros, troveremo meno raffiche e un minimo di ridosso dalle onde oltre a guadagnare in rotta. Occorrono altri 6 bordi della durata decrescente per portarci al tramonto alla rada Nord dell’isola magica.
Gyali è qualcosa di unico grazie ai lavori della cava che l’ha resa bianca come… la pomice appunto.
L’acqua poi è cristallina e vari anemoni emettono ossigeno; ma chi emette ossigeno a più non posso è lo stesso fondo sabbioso, tramite “mini vulcani eruttanti”. Ricordo ancora le sensazioni la prima volta che anni fa mi immersi in queste acque: sorpresa e piacere misti a timore per tale stranissimo fenomeno. Sorpresa in quanto ero abituato a vedere solo gli anemoni responsabili della produzione gassosa; il piacere invece era dovuto al naturale idromassaggio vista la capillarità del fenomeno; timore perché essendo queste tutte isole vulcaniche, il ribollire del sottosuolo non mi faceva pensare a bene.
A supportare tale pensiero la consapevolezza della nascita imminente di una nuova isola tra Symi e la costa turca: lo scorso anno il nostro ecoscandaglio misurò 15 metri dove da gps avrebbero dovuto essercene almeno 50! E a farci notare l’anormalità fu proprio il verde più chiaro rispetto al classico blu Egeo nel mentre navigavamo lungo la zona specifica della futura isola; anche quella volta l’esultanza della scoperta visiva se la contese con la fifa di ritrovarci testimoni involontari dell’interessante “parto geologico” (già immaginavamo i titoli dei giornali “barca a vela con a bordo 2 ragazzi incagliati sulla nuova isola che per diritto verrà chiamata Isola di Yakamoz”).

La notte passa serena, recuperando il sonno perso il giorno prima in vista di una nuova alzataccia. Il breafing quotidiano ha sancito così, poiché si prevede vento in aumento man mano che il sole sorgerà e vogliamo far più strada possibile evitando gli effetti peggiori del troppo fetch che ci attende dopo Kos. Anche la questione ‘connessione internet’ si risolve inaspettatamente con facilità. Fino a qui, nonostante già in Grecia, la “saponetta” turca ci avrebbe permesso di collegarci, ma d’ora in poi avremmo dovuto contare sul telefono italiano da usare come router, a patto potessimo attivare il piano tariffario specifico. Una gentile signorina della Wind risponde immediatamente e in quattro e quattrotto attiva tutto l’attivabile e noi con un sospiro di sollievo possiamo dare la buona notte alla lontana Knidos.

Salpiamo con un bel vento fresco, ma preferiamo non terzarolare perché ancora gestibile e dati i leggeri aumenti previsti per le prossime 3 ore non vogliamo perder miglia; più che altro conoscendo le onde antipatiche, senza adeguata potenza si rischierebbe di impiantarsi ogni 3 per 2, e la navigazione diverrebbe insopportabile.
Ci volgiamo verso la Turchia oramai sagoma lontana nella foschia, la salutiamo con un ultimo tuffo al cuore, stavolta è finita sul serio: ciao Paese da mille e una notte, speriamo di rivederci presto.

Tutto fila liscio come da programmi, Yakamoz vola sull’acqua e senza cambiar bordo all’imbrunire siamo pronti a entrare nella rada di Vathi, a N di Astipalaia.
La baia è particolare, fondo fangoso, casette sparse qua e là, poca presenza di abitanti, forse nessuno tranne pochi pescatori e altre 2 barche alla fonda. Tuffo per rinfrescarci e toglierci un po’ di stanchezza, cena e di corsa a dormire: domani altra alba da trascorrere in mare.
Ed eccoci nuovamente a far colazione seduti in pozzetto, sotto vela per un’altra lunga giornata di navigazione, destinazione Ios.

 

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La rotta è magnifica, i venti sono quelli sperati e che ci hanno convinti a salpare da Datca spingendo ogni giorno ma senza troppa ansia; è sempre Meltemi ma molto docile rispetto alle sue abitudini in queste zone. Veleggiare con 12/15 nodi è la cosa più bella che si possa desiderare: la barca è equilibrata, la velocità è massima, il comfort strabiliante e tutto sembra somigliare a un trionfo di positività. Ti senti bene, fisicamente e psicologicamente. Poi, capire di aver scelto bene la strategia è una vera gran soddisfazione. Così anche stavolta un unico bordo di 60 miglia ci porta nella rada di Manganari a S di Ios. Iniziano le scoperte, per noi è un’isola nuova, la qual cosa stimola ancor di più il nostro viaggio. La rada però è al quanto deludente, nulla di affascinante e ahinoi si balla da morire: nooo, uffa! Abbiamo bisogno di riposare e questa non ci voleva davvero. Vabbè non sempre si vince.
Riusciamo comunque a portare a casa qualche ora di sonno, pronti a salpare verso le 5 del mattino (felicissimi) alla volta di Milos, anch’essa nuova per i due navigatori mediterranei.

Sappiamo già che oggi non sarà facile, avremo venti leggeri e soprattutto frammisti (oltre a qualche miglia in più da percorrere): SW e NW, cosa che potrebbe rivelarsi un incubo.
Altra strategia da impostare e scelte da effettuare. Partiamo subito a motore puntando il N dell’isola semi confinante Skinos, anche se la rotta migliore e lineare verso Milos potrebbe essere quella S; ma il vento da SW è debole e siamo quasi certi che il mare invece abbia conservato energia sufficiente dal giorno prima bastante a farci pronunciare parolacce contro svariati numi.
A N inoltre ci aspettiamo venti dai quadranti settentrionali e difatti… Ci ritroviamo a bordeggiare sotto costa Nord, tra nasse e pescatori all’àncora, con brezze di 7-8 nodi come 2 regatanti dalle polo bianche; l’unica nota stonata è che invece di un veliero d’antan timoniamo il noto panzer d’alluminio che però se ne va liscio come l’olio, dimostrando a tutti quanto si senta a proprio agio con le arie leggere.
Spingiamo un po’ fuori inseguendo qualche nodo di vento in più, viriamo verso costa non appena annusiamo che l’aria sta per mollare. Continuiamo così, inanellando bordi su bordi sempre più proficui, doppiando all’ora del tè persino l’ultima isola prima di Milos, Folegandros.
Ma qui purtroppo incappiamo in quella sventura che avevamo fatto di tutto per evitare: non più ridossati, onda da SW e vento che puzza di libeccio ma che è in realtà una bonaccia mascherata. “Sbadabùm sbadbùm fa la poppa-pa-pa”, sembra una vecchia canzone dello Zecchino d’Oro, invece è il rumore che siamo costretti a sentire: Yakamoz non può procedere così, la giornata sta per accingersi al termine e Milos come già detto non la conosciamo. Accendiamo motore e scommettiamo di accalappiare il benedetto SW. Dopo 10 minuti verso Sud il miracolo. Partiamo a razzo un’altra volta, Yaka cambia il passo e va al galoppo sparata a Ovest di Milos, dai forse ce la facciamo. Passa mezz’ora e il bordo pian piano inizia a modificarsi, il SW passa il testimone al NW: aiuto.
Va bene, non ci arrendiamo, altri bordi veloci e alla fine salendo un po’ Eolo ci regala un bel N, il che significa rotta proprio verso l’isola adiacente, Kimolos, nostra tappa prescelta. Difatti c’è da dire che Milos non è solo una singola isola (lo è, chiaro) ma insieme a Kimolos e Poliagos, va a costituire un piccolo arcipelago in cui passarci moltissimo tempo senza annoiarsi, cosa che ci ripromettiamo di fare quando un giorno torneremo.
Il vento molla a 2 miglia dalla costa e noi molto felici accendiamo motore sbrigandoci a portarci con ancora un po’ di luce alla rada di Prasonisi.

Poco prima squilla il telefono, è Guido che ci dice che…

 

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