Il tempo passa inesorabilmente e noi siamo in una di quelle fasi tra le più complicate che esistano: l’attesa!
O meglio, nel frattempo che attendiamo certamente provvediamo a tutti quei lavori che possiamo, ma con il grande timore di subire poi il famoso effetto… Va bene andiamo per gradi.

 

L’attesa

Per prima cosa, ovviamente, aspettiamo il motore; il mitico Perkins. Mitico in senso di mito: “narrazione investita di sacralità”.
Sembra tutto pronto e poi tiè, altro imprevisto, altra corsa; l’ultimo in ordine temporale la rottura dello scambiatore di calore dell’olio… conoscevo il classico scambiatore di calore del circuito di raffreddamento misto mare e acqua dolce; e mi sfuggiva quest’altra simpatica opzione, riguardante l’olio motore. Devo essere sincero, non ci ho capito molto e non ho voluto più che altro capirci proprio nulla!
Perché quando il caro amico Bartosz della Servipol, ci ha dato la notizia in fase di collaudo pre partenza, è scattata in me una molla a protezione della mia psiche: la molla si chiama “chissenefrega galattico”.
Cioè, dal momento che non possiamo far altro che continuare a recitare il ruolo di monaci tibetani alle prese con l’arte dello Zen, l’ennesimo stop (and – speriamo quanto prima – go) è come se ci avesse fatto fare un ulteriore salto di qualità nella meditazione: ora in pratica “impartiamo benedizioni al prossimo”.

Pertanto perché avvelenarci il sangue con lo SCAMBIATOREDICALOREDELLOLIOMOTORE!
Cos’è questo strano oggetto? Ma poi cosa sarà mai dopo tutto quello che abbiamo fatto in generale e per il Perkins in particolare!

Se non fosse che a quanto pare il sacro-pezzo-gral, usato non si trovi e quindi si dovrà ricorrere a una ditta che realizza pezzi nuovi alla modica cifra di circa 1.700€; un nonnulla, bazzecole… che il buon Bartosz, giustamente, ha difficoltà ad affrontare, dopo il grande impegno da lui profuso con la revisione del motore sin qui effettuata (incluso invertitore: se non vi ricordate ecco l’articolo).
Ma su questo tornerò meglio nella prossima puntata. Ora vorrei continuare con le “attese”.

I nuovi pannelli fonoisolanti sembrano si stiano trasformando anch’essi in chimere: ordinati a dicembre, ancora hanno difficoltà a materializzarsi qui a Crotone; Marco di Nauticapiù ce la sta mettendo tutta ma…
Così per la pompa autoclave, le pompe a pedale, altra tuberia per l’impianto dell’acqua dolce e via molto dicendo.

Fronte serbatoi dell’acqua: attendiamo. Luca della Pulimec ha promesso che sta ultimando il lavoro (ricordo che sono ben 6 serbatoi uno differente dall’altro): sperando che lo zoo delle chimere non si arricchisca di nuove specie.

Problemi operativi legati alle chimere

Essendo Rebound un cantiere a cielo semi-aperto e avendo nel corso dei mesi messo mano a diversi lavori, vi lascio facilmente immaginare in quali condizioni pietose ci troviamo; tralasciamo il “piacevole” rito di entrare e uscire ogni volta dalla barca, slegando lì, sciogliendo là i vari tendalini a protezione del paziente ancora a cuore aperto (tutta la zona del pozzetto è aperta, senza pavimento), operazione che si ripete al contrario quando si va via; il problema ulteriore è che non abbiamo un magazzino dove riporre tutti i celini smontati, i vari legni del mobilio tolti, pezzi di ricambio ingombranti, eccetera, eccetera, eccetera.
Questo si traduce nel costringerci a “spogliare un altare per vestirne un altro”: un calvario.
Soprattutto i lavori cosiddetti importanti, sono in qualche modo tutti connessi tra loro.
Perché se non arrivano i serbatoi, non possiamo procedere all’impianto idraulico; se non ultimiamo la parte idraulica almeno nella zona serbatoi, non possiamo richiudere la zona dinette, riavvitando il mobilio e supporti per i paglioli (così anche da iniziare a sgombrare un po’ il cantiere).
Se non arrivano i fonoisolanti, non possiamo portarci avanti con un lavoro che ora sarebbe più comodo senza motore e senza il tetto-ponte-pavimento del pozzetto.
Se non arriva il motore chiaramente non possiamo chiudere il pozzetto e… ovviamente “sognare di prendere il largo”.
Tutto quanto sopra incide persino sull’impianto elettrico: passare cavi e cavetti senza l’effettivo posizionamento del motore, accessori, pompe e pompette, nuovi celini pronti, diverrebbe esercizio di fantasia e poco pratico.
Ora è più chiara la situazione? Bene, è solo una minima parte di quanto io possa trasferire al lettore.

Nota sui celini: dopo molti anni ho collezionato un’altra perla di ignoranza marinara; della serie che non si finisce mai di imparare; convinto si chiamassero “cielini”, per una non meglio spiegata assonanza con il cielo (stiamo parlando per chi non fosse del settore, dei pannelli che rivestono il “tetto” degli interni di una barca, sottocoperta), ho scoperto pochi giorni fa chiamarsi correttamente “celini”, in quanto per l’appunto “celano” quel che c’è dietro. Vera o no la spiegazione, calza senz’altro di più del “cielo sempre più blu”.

Non tutti i mali vengono per nuocere

No, non ce ne stiamo con le mani in mano e devo confessare che tutto sommato i ritardi ci stanno consentendo di perfezionare alcune cose proprio pertinenti alle chimere di cui sopra: abbiamo potuto sverniciare bene la sentina, in particolare della zona motore (cosa che con il Perkins chiaramente sarebbe stato impossibile); la zona serbatoi anch’essa è stata sverniciata a modino, e stuccata laddove c’erano alcune piccole camolature, con uno speciale stucco/resina epossidica caricata a microsfere di alluminio; abbiamo isolato una zona di ex serbatoi acque nere; pulite ben bene le pareti che riceveranno i nuovi fonoisolanti.
Proseguo a braccio: installato il nuovo sfiato del gasolio in coperta, manutenzionato le scatole meccaniche del sistema di governo e rimontato tutto il circuito (seguirà a breve un video: sotto, dopo la foto di Fofinho, il video della revisione di una scatola), collaudando tutte e 2 le timonerie; rifatta la filettatura alla timoneria interna (con molta difficoltà); smontata tutta la rubinetteria; smontata la centralina e il serbatoio del circuito idraulico vang e tendipaterazzo (stiamo decidendo se revisionarla da noi o spedirla a chi di dovere); predisposti tutti gli innumerevoli ordini di attrezzi e pezzi per i prossimi lavori da effettuare; più una miriade di altri lavori e lavoretti che non sto qui a elencare per non tediarvi.

Più importante le infiltrazioni. Qui a Crotone c’è un serio problema di siccità, difatti gli agricoltori soffrono e quelle rare volte che piove o viene il nubifragio, oppure 4 gocce; ebbene, allorquando la congiunzione astrale vedeva noi a Crotone durante la pioggia, ci ritrovavamo la barca con varie zone della sentina bagnate; quando poca, quando tanta. E data la sparuta casistica, è sempre stato impossibile tenersi pronti al controllo successivo.
Chiunque ha avuto a che fare con l’acqua, barca o non barca, sa bene che la cornuta (parlo dell’acqua) riesce a trovare strade inesplicabili al raziocinio umano; e con noi non ha fatto eccezione. Dato che le zone motore e serbatoi erano colpite dal problema, è stato un motivo in più per “benedire” l’attesa.
Proprio l’altro ieri, cogliendo l’occasione di una bella pioggia a secchiate, ho potuto recarmi a bordo di Rebound torcia in mano per scovare finalmente i passaggi della fetusa: Eureka! Scovato (spero) ogni percorso.

Dai più banali, gli oblò (poi vi spiegherò come sono fatti), al bullone-che-non-c’è vicino il bicchierino del candeliere… che per arrivarci ci vorrebbe una piccola scimmia contorsionista; e altri punti sì intercettati, ma la cui perdita, tecnicamente parlando, rimane un “mistero della fede liquida”.
Bon, ieri approfittando di una giornata di sole, mi sono armato di silicone neutro e pinze per stringere dove possibile: dovrei essere venuto a capo di tutta la situazione; ora non resta che attendere un’altra pioggia provvidenziale per testare le momentanee tamponature (a tempo debito si sistemerà definitivamente ogni pertugio).
Sottolineo ancora una volta che con il motore e serbatoi in sito, sarebbe stato tutto più complicato e, nel caso dei serbatoi, persino impossibile andare ad asciugare.

Effetto domino

La vera paura ora è legata a quello che accadrà quando, come sempre capita, le chimere si materializzeranno tutte insieme… Aiuto!
Se già oggi non sappiamo come camminare nel cantiere di nome Rebound, domani ci sarà da ridere.
Però, al contempo, siamo consapevoli che non appena cadrà la prima tessera del domino, seguiranno le altre; mettendo a dura prova le nostre forze psicofisiche, è vero, ma regalandoci poi, speriamo, diversi metri verso il traguardo.

 

La castrazione di Fofinho

Ah non lo sapete? Se ci seguiste sui social lo sapreste! Vabbè abbiamo adottato un gatto. O meglio è lui che ci ha adottati.
Un tardo pomeriggio di inverno, rientrando a casa dal cantiere, un gattino nero e peloso stava per attraversare la pericolosa strada; al che ci siamo fermati per caricarlo in macchina e trasferirlo al vicino residence in cui risiediamo: conosciuto come il “paradiso dei gatti”.
Per farla breve dopo che lo abbiamo rifocillato e lasciato fuori casa per la notte, il mattino dopo ce lo siamo ritrovato sul tetto della pergola del giardinetto, mezzo morto e spaventato. A quel punto ci siamo detti “se lo abbiamo salvato dalle ruote di una macchina non è stato per farlo schiattare qui (benché si trovasse già nel paradiso dei gatti)”.
Quindi gli abbiamo dato qualche altro giorno accogliendolo in casa e facendo del nostro meglio per dargli una chance.
Ma giorno dopo giorno è passato un mese, e questo batuffolo di 4 mesi ci ha rubato il cuore mettendoci in seria difficoltà: noi, che non abbiamo voluto figli e tanto meno animali, perché consapevoli della nostra vita complessa e nomade, ci siamo ritrovati letteralmente fregati!
Ma il nostro “Ménage à trois” è stato disegnato a matita sin dal primo giorno (e forse lo è tutt’ora – non è vero, me la voglio raccontare così), legato alla capacità di Fofinho di adattarsi alla nostra pazza vita.
Sta di fatto  che intanto si è sparato 10 ore di auto + altre 10, per andare e tornare da Roma a “trovare sua nonna durante il Natale”; e senza fare più di 4 “miao”, ma al contrario dormendo come un bebè tra cappelliera e gambe di Başak; poi lo abbiamo abituato alla pettorina e guinzaglio; soprattutto sta digerendo lo zaino-trasportino con il quale lo portiamo con noi a far la spesa al supermercato, al mercato contadino, a passeggiare, a prendere il caffè (no, non lui: dice che il caffè lo rende nervoso) e via dicendo. Il tutto per prepararlo alla vita di barca che, a questo punto, riteniamo potrà piacergli molto.

Sono passati 5 mesi dal nostro incontro, ora Fofinho ha 9 mesi circa e purtroppo abbiamo dovuto seguire il consiglio di tutti gli amici e esperti, veterinari inclusi (amici anch’essi): castrazione. Questo gli eviterà di soffrire “amori impossibili”, sfide fisiche con gli altri gattacci malefici e enorme riduzione di malattie. Siamo stati combattuti fino a l’ultimo, in quanto essendo paladini delle libertà, ci dispiaceva prendere per lui una decisione “contro natura”; ma o le nostre strade avrebbero dovuto dividersi, e ognuno per sé, oppure effettivamente la convivenza sarebbe stata molto complicata: speriamo di aver fatto la cosa giusta, augurandoci di dargli una vita piena di affetto e avventure.
Ne approfitto per ringraziare Davide Scamarcia, divenuto non solo il veterinario sponsor personale di Fofinho (in relazione al 3R Project certo), ma un caro amico, in quanto velista e anch’egli appassionato di restauro di barche; è il titolare della bellissima e efficiente Clinica Veterinaria Magna Graecia , grazie alla quale Davide ha creato un punto di riferimento all’avanguardia nella città di Pitagora: fidatevi, di meglio non ce n’è.

Ma a Davide ci ha portati Nino Straticò, divenuto oramai un altro carissimo amico (lui e la dolce moglie Maria Pia) e “vecchio” lupo-di-mare-chirurgo-in-pensione. Nino è il socio fondatore dello Yachting Kroton Club, dove non solo abbiamo presentato il libro Si Deve Fare e il 3R Project, ma ci ha fatto conoscere tante altre splendide persone, tra cui l’attuale presidente Mimmo Mazza, sempre disponibile a dare una mano.
Oltretutto Nino è un collezionista di oggetti inerenti il mondo della nautica che farebbero invidia a un museo; ma questo gentiluomo è molto altro ancora e
devo dirlo con piacere e orgoglio, è anche uno degli sponsor individuali del 3R Project; cosa per cui il suo nome comparirà nella targa che faremo realizzare a fine lavori: grazie Nino.
Chiunque volesse vedere il proprio nome sulla targa aiutandoci, può seguire i passaggi riportati:

NdA. Fofinho è una parola portoghese (per un gatto crotonese che però non è nemmeno europeo… così afferma l’addetta della ASL veterinaria al rilascio del passaporto: sì ora Fofinho è pronto a viaggiare) che sta a significare qualcosa tipo “coccoloso, tenero”; e lui ahinoi lo è… oltre a essere birbantello.
Mi sa che volete una foto vero?
Ecco a voi lo scostumato “Fofinho do Nascimento de Kroton”

Reuse, Reduce, Rebound!

 

Non dimenticate che il nuovo libro sul cambio vita
“SI DEVE FARE”
è disponibile qui in tutti i formati

 


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La nostra riconoscenza

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– chiunque avrà piacere ad aiutarci con almeno 500€, oltre al nome sulla targa, se lo vorrà, potrà salire a bordo di Rebound per 1 weekend!

– chiunque avrà piacere ad aiutarci con almeno 1.000€, oltre al nome sulla targa, se lo vorrà, potrà salire a bordo di Rebound per 1 settimana!

– a breve altre iniziative di riconoscenza, grazie alla partecipazione di nuovi sponsor!

GRAZIE IN ANTICIPO A TUTTI VOI

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