Il sistema di governo di Rebound è l’ennesima sorpresa di questa barca affascinante e dalle soluzioni fuori dall’ordinario.
All’inizio della nostra conoscenza ci siamo imbattuti subito nel primo problema: la pala del timone bloccata (e parzialmente storta… sigh: ne parleremo in seguito). Analizzando più da vicino ci siamo resi conto di tutta una serie di assi in inox, scatole metalliche (che credevamo essere pompe idrauliche) e giunti cardanici; e chiaramente ogni componente praticamente avvolto dalla ruggine.

<<Ma perché tutto questo marchingegno? Il sistema è necessario per far dialogare le due ruote del timone: quella poppiera e l’altra sotto la confortevole protezione della cappottina rigida in alluminio (sappiamo già che l’ameremo alla follia)>>

In effetti si pensava a un classico sistema idraulico, il che non mi entusiasmava poi troppo, per via dell’assenza di sensibilità alla mano (e più che altro ingovernabilità in caso di avarie a pompe e/o tubi idraulici – barra di emergenza a parte); poi però, indaga che ti indaga, smonta che ti smonta, scopriamo di essere al cospetto di un mai visto sistema di governo a giunti cardanici, responsabile, data la suddetta ruzza, di aver bloccato la pala del timone.

Ed ecco dunque la prima domanda dalle 100 pistole: e se in futuro si verificasse un bloccaggio del “circo meccanico”?
Risposta che mi sono dato: a differenza dei giocattoli idraulici in realtà il timone dovrebbe poter restituire un segnale d’allarme, indurendosi; ciò significa che al contrario di una perdita idraulica (ad esempio), difficilmente ti lascerebbe a piedi da un momento all’altro; oltretutto una verifica periodica degli elementi e un ingrassaggio annuale (o giù di lì) dovrebbero poter scongiurare qualsiasi ipotesi di avaria (corna facendo), quanto meno immediata; c’è anche da dire che i giunti cardanici sono stati progettati per lavorare a ben altri giri di velocità che non quelle tipiche di una ruota del timone e questo mi fa star tranquillo sul sovradimensionamento implicito dei pezzi; e aggiungo – seguendo la scia dell’euforia dell’armatore che vede solo pregi nella sua amata – lo percepisco un sistema più affidabile persino del classico a frenelli, il quale risentirebbe, in caso di rottura, dello stesso destino dell’impianto idraulico, ovvero l’ingovernabilità da un momento all’altro (ma in questo caso va detto che i frenelli si possono – anzi si devono – ispezionare con una certa periodicità, onde evitare tali spiacevoli sorprese); per ultimo come già anticipato, per ogni evenienza tutti abbiamo la barra di emergenza da collegare direttamente alla pala del timone, e quella di Rebound è davvero impressionante.

Smontare tutti i componenti è stato facile? No, che domande! Ma nemmeno così impossibile.
Diciamo che il divertente è venuto dopo.
Le scatole ad esempio le ho date a un meccanico locale, di cui mi avevano parlato benissimo, al fine di farle revisionare, visto il trasudo d’olio e l’inchiodamento: “Giampaolo dagliele a lui (era ottobre) che così quando sei via ci lavora e al tuo rientro le trovi fatte”. Siamo a Maggio e ancora non sono pronte 🤦‍♂️ (colpa parzialmente imputabile – va detto – agli “introvabili” cuscinetti in pollici: pertanto, e sempre corna facendo (trovo solo l’emoticon delle dita incrociata🤞) forse da qui a 2 settimane dovremmo venirne a capo… 😅
Un’altra scatola meccanica invece, quella di cui parlo al termine del presente articolo, considerandone la complessità e dopo aver capito la malparata delle tempistiche locali, l’ho “requisita” prontamente 2 settimane fa e l’ho spedita a Roma, presso una nota casa di componentistica che conoscevo dai tempi edili degli escavatori (grazie papà, ovunque tu sia, per il know how ancora prezioso); azienda che tra l’altro ha già revisionato il tendipaterazzo idraulico e un paio di giunti cardanici ridotti malissimo.
La maggior parte di questi ultimi alla fine non si sono rivelati troppo disastrosi, ed è bastata una corretta manutenzione (vedi video) per recuperarne completamente efficienza e affidabilità.
La scatola meccanica tonda (vedi sempre il video e schema della foto in apertura), dopo averla smontata dal supporto e portata al banco (pesa un accidente nonostante sia di alluminio – esternamente), aperti i tappi di protezione di 2 cuscinetti completamente sani e privi di ossido e/o sale, l’ho inondata di WD40 e ha ripreso a girare come un orologio, scongiurandone il disassemblaggio (per adesso…🤞): i cuscinetti di cui sopra sono stati la cartina di tornasole, proprio perché essendo i più esposti e delicati rispetto alle ruote dentate all’interno del monoblocco, e non avendo presentato segni di infiltrazione, mi hanno dato la serenità che cercavo: insallah!
Gli assi invece, essendo di inox, mi è stato possibile recuperarli completamente dopo la dovuta pulizia con spazzola meccanica in ottone e leggera passata di carta da 1000 intrisa di gasolio.
Infine, dulcis in fundo, l’approfondimento sulla penultima scatola meccanica “requisita”, in zona quadrato: un mistero!
Già a luglio scorso, in occasione dello sbarco del motore e una prima annusata generale alla barca, lo stesso Manuel (l’anima santa titolare del nostro sponsor Lucidivia), non ne era venuto a capo, in quanto quei due cavetti di alimentazione che uscivano dal motore elettrico accoppiato alla scatola meccanica in questione, erano sul serio troppo piccoli in sezione per poter ipotizzare trattarsi di un pilota automatico: e invece è proprio questo, oggi lo sappiamo.
D’accordo oramai avrete capito dalla foto di copertina dell’articolo che il sistema ha un nome Whit Lock: azienda inglese (credo) che allestisce questo e altri tipi di sistemi di governo; indagando nel web ho capito essere utilizzato da alcuni Bavaria e persino dagli americani Hunter (ottime barche), per non parlare dei blasonati megayacht Ferretti.
In abbinamento al sistema di governo la Whit Lock prevedeva un pilota automatico di tipo a frizione che, dato il gioco di rimandi, effettivamente non sforzava molto; da qui l’apparentemente minimale dimensionamento del cablaggio (nonostante fosse a 24 volt).
Bene, anzi male, perché la scatola si revisiona ma il motore è completamente andato. Direte “che problema c’è, cambialo!”.
Io lo farei pure, solo che l’azienda non esiste più, o meglio è stata rilevata dalla Lewmar, la quale forse avrà un po’ di componentistica e magari il motore elettrico, ma difficilmente si riuscirà a venire a capo dell’elettronica necessaria al suo funzionamento; questo “piccolissimo dettaglio” 🤬, probabilmente ci obbligherà a cambiare il pilota automatico, optando per un classico attuatore al settore della pala del timone, forse però più affidabile e preciso: a tal proposito alzi il dito chi ha la soluzione in mano, grazie.

Bene, ovviamente la storia non si risolve solo con quanto scritto sin qui e come da fine video “to be continued”: vi aggiorneremo senza ombra di dubbio quando concluderemo l’odissea del sistema di governo di Rebound… ah, non lo dite a nessuno, ma non riesco più a trovare un giunto cardanico, sigh. 😭
E ora a voi il video:
Reuse, Reduce, Rebound

 

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