“… E un anno se ne va!”.

Suona nella testa la solita canzone dei Righeira: chi li conosce sa, chi non li conosce bontà sua è troppo giovane.

Abbiamo da poco sbarcato l’ultimo gruppo di amici, una simpatica combriccola di giovanottoni over 60 ma under 80, da noi denominati “gruppo TNT”: anche qui, chi non conosce Alan Ford… Vabbè mi vien da piangere.

Lo so che per molti l’estate è finita da un pezzo, ma che ci volete fare, chi vive in barca o almeno ci passa gran parte dell’anno la parola “estate” ha un significato diverso.

Quando iniziamo a scendere in acqua, ad Aprile, automaticamente è come se fosse luglio. E fino a quando non tiriamo in secco la nostra amata Yakamoz, magari a ottobre o novembre, sempre a luglio ci sembra di essere. Il giorno in cui chiudiamo tutto e andiamo via per i nostri mille impegni (vi sembrerà assurdo ma al momento è così), allora si ci rimettiamo in pari con la corretta percezione stagionale. E questo capita ogni volta. Da 10 anni.

Ora scrivo una “novità”: la stagione è volata. Non riesco mai a capacitarmi di come ciò accada, perché sulla carta siamo liberi da impegni preconfezionati, non abbiamo nessuna serranda da tirar su o cartellino da timbrare, ma ragazzi, per noi il tempo sembra muoversi alla velocità della luce.

Sarà che incontriamo tante persone, amici cari e amici nuovi che vengono a trovarci a bordo; sarà che i lavori di manutenzione ci assorbono parecchio; sarà che abbiamo mille idee e proviamo a metterle in pratica. Non saprei, ma il fatto è che che questa storia non ci piace per nulla.

Abbiamo fatto di tutto per cambiar vita, e accaparrarci il nostro personale deposito di Zio Paperone, pieno della vera ricchezza, “il tempo”; ogni mattino che apriamo gli occhi, ci lanciamo a suggere la vita, talvolta avidamente, altre con delicatezza e pazienza tibetana. E tutto nella speranza che in qualche maniera il tempo si possa se non fermare, rallentare.

L’illusione iniziale era quella di vederci come spettatori di un film, con in mano popcorn e bibite, nel mentre il proiettore mandava in onda la storia del mondo, dell’umanità, al solito ritmo frenetico. Un po’ come l’esperimento di Hafele-Keating sulla relatività ristretta, applicata alla dilatazione del tempo. Ma noi non siamo orologi atomici e quindi non siamo in grado di alterare la realtà delle cose, neanche percettivamente.

Mi si dirà che quando ti diverti il tempo vola. Lo so, certamente, ma non è che noi siamo in costante status ridens, anzi, spesso affrontiamo problematiche e situazioni in mare (ma anche fuori) talmente stressanti, per le quali molti non cambierebbero la propria vita “normale”. Per cui no, non è questo il motivo. Penso più che altro che nonostante i tanti impegni che ci stiamo creando (divertendoci per carità) avanzi sempre il tempo per riflettere, cosa a cui non rinuncerei mai. Ed è durante tali riflessioni che capisco quanto sia stato importante cambiar vita, a 36 anni, bramando ogni istante che potessi spendere su questo mondo. E però altrettanto comprendo che l’avidità con cui ho vissuto mi ha catapultato qui, dove sono ora, in un battito di ciglia. Oggi ne ho quasi 47 e credetemi, ogni qualvolta dia un’occhiata alle mie foto del 2008, mi prende un colpo: ma come, dovrei essere io quello lì, invece vedo un ragazzo, quasi sbarbato al mio posto! Mi vedo cambiato, in ogni senso. Continuamente. Qualcosa non torna. Immagino di non essere l’unico a provare tale smarrimento. Ma, ripeto, credevo di riuscire ad allungare un po’ il brodo della vita. Invece… Al contrario.

Forse è proprio la routine della “serranda del negoziante” ad anestetizzare la vita: ogni giorno, più o meno uguale all’altro. Non te ne rendi conto e ti trovi dopo 10 anni, con una sola differenza burocratica, anagrafica, che ti capita di verificare distrattamente sul documento di identità. Io vedo le foto di altre persone e a me sembrano più o meno tali e quali ad allora. Ecco forse la vera, saggia ricetta della felicità.

Quindi vivere come facciamo io e Başak ci ha fatto perdere la scommessa, nessuna dilatazione temporale, anzi.

La questione però a questo punto è, nonostante la costante e chiara consapevolezza del tempo che passa, cambierei la mia vita tornando a quella precedente pur di non pensarci? Insomma, chiederei all’agente Smith di reinserirmi in Matrix, dimenticando tutto, così da assaggiare di nuovo un delizioso filetto, pur sapendo che “la bistecca non esiste”? Prosegue Cypher (il traditore nel fim) “So che quando la infilerò in bocca Matrix suggerirà al mio cervello che è succosa e deliziosa. Dopo nove anni sa che cosa ho capito ? [Rivolgendosi all’agente Smith, assapora con delizia il primo pezzo della bistecca] Che l’ignoranza è un bene».

A essere onesto, a volte si, perché volendo rimarcare l’ultima frase, l’inconsapevolezza alleggerisce l’animo, e il peso della fragilità e velocità della vita può essere insopportabile.

Ma altrettanto onestamente poi, alla fine, non riuscirei a tradire me stesso. E il motivo risiede tutto nel semplice fatto che è talmente bello abbracciare le emozioni che la vita mi sta regalando, che ogni prezzo ci sia da pagare è nulla al confronto della contropartita: per me ne è valsa e continua a valerne davvero la pena.

Si vede che è autunno inoltrato?

“… In spiaggia di ombrelloni, non ce ne sono più…”

ps. E voi? Che ne pensate?