Oggi è il mio compleanno, compio 48 anni

I giovani (quelli veri) mi considererebbero un vecio, e io non potrei essere che d’accordo con loro, o piuttosto con la sensazione che essi provano.

Ricordo che a 20-30 anni il traguardo degli “around 50” era molto, ma molto lontano; poi bastò un nulla che alla stregua di un teletrasporto ‘PUFF’, eccomi qui. Vi giuro, non ne ho la più pallida idea di come sia finito in questo spazio temporale. Probabilmente non sono neanche io a scrivere ma il mio alter ego. Insomma ci deve essere un incantesimo, qualcosa di non meglio definibile, perché sul serio io non so proprio come diavolo il tempo me l’abbia fatta da sotto il naso.

Ce l’ho messa tutta per fermarlo, ho inventato nuove vite, a 36 anni ho lasciato tutto per andare a vivere in barca, e se consideriamo che il progetto richiese circa 3 anni tra pensa e fa, ciò significa che ad appena 33 anni compresi di far qualcosa per rallentare il tempo… ma è evidente che non sia servito a nulla.

Vorrei utilizzare quindi questo giorno per generare qualche spunto di riflessione a chi si trova ancora nel limbo, a chi crede che “c’è tempo”.

Ieri vedevamo un film (grazie Alessio per il codice Netflix e Prime, sei un amico), e come credo di capire molti vivono tale dramma di intrattenimento, anche io e Başak ci siamo barcamenati tra le tante scelte filmografiche: i cataloghi sono enormi, solo che le opzioni spesso spaziano tra le mega cazzate, e “Ritorno al futuro”; sicché ti ritrovi a mezzanotte stressato che ancora devi decidere, e alla fine stremato e battuto ai punti dal catalogo, premi ‘play’ alla prima cosa che capita. Ma stavolta la scelta è ricaduta su un raro bel film, “A Ghost Story”. Lo dico subito, non aspettatevi le solite classiche dinamiche, qui la prima reazione di “spallamento” incombe sin dal primo fotogramma; tuttavia dopo superata la camera di compensazione mentale, per disintossicarsi dai facili contenuti, finalmente ci si ritrova proiettati in una dimensione surreale, uno “stand by” continuo ma che ha senso. Va bene non spoilero il film, e d’altronde mi volevo concentrare solo sul monologo di un personaggio durante la scena di un party in casa. In buona sostanza cerca di comunicare agli astanti l’effimerità della vita stessa.

Lo fa trasportandoli con sé in un’analisi dell’evoluzione delle cose terrene (e quindi umane) negli anni, nei secoli, millenni; il montaggio ovviamente ci aiuta a percepire meglio il senso del messaggio, e vediamo le immagini della stessa casa che man mano cambia proprietari, mode fino alla sua distruzione e costruzione di un palazzo sulle macerie. Il processo prosegue e fa da base alla chiacchierata dell’attore il quale spiega come qualsiasi nostra azione non abbia un senso, o almeno non quello che istintivamente tendiamo a dare noi. Qualsiasi intento è, consapevolmente o no, teso a lasciare un qualcosa di noi, un messaggio, un semplice ricordo. Un segno del nostro passaggio su questo mondo. Ma in realtà “persino Beethoven e la sua nona sinfonia, un giorno spariranno”. Non resterà nulla di nulla. I nostri figli moriranno, i loro figli, qualunque cosa sparirà, così come i ricordi. Lo stesso universo probabilmente dopo essersi espanso all’inverosimile, imploderà inghiottendosi da solo e trasformandosi in una particella infinitesimale. Fine.

Ed eccoci quindi al senso delle cose e della vita stessa. Nessuno di noi sceglie di nascere, e dal momento in cui veniamo al mondo ci sforziamo di fare del nostro meglio per soddisfare qualcuno, un genitore, un partner, se stessi, un capo, un figlio e via dicendo. Se ci osservassimo dall’alto ci vedremmo come schegge impazzite, incapaci di fermarsi. Inutile prenderci in giro, pensiamo bene o male che la vita sia infinita, che gli anni passino solo per gli altri e che noi saremo l’eccezione della storia umana: gli immortali, gli “highlander de noantri” e faremo marameo a tutti, all’esistenza stessa.

Parlo per esperienza, fidatevi…

Progetti, programmi, sacrifici, enormi quantità di energie per portare avanti le nostre idee. Tutto – completamente – inutile.

Ma in realtà quella che vi sta sembrando come un vaneggiamento deprimente, infelice parto della mente malata di un uomo, probabilmente alle prese con la sua crisi di mezza età (ah, quindi ne ho a disposizione altri 48 di anni? Bene, bene), in realtà ha tutt’altra intenzione che pian piano va a legarsi con il mare e il vento. Abbiate fede.

Lo dico da sempre, l’uomo ha bisogno di progetti, di illusioni, e io sono il primo portatore di questo scettro. I sogni e la visione della vita infinita servono a farci andare avanti, consentendoci di svegliarci ogni giorno con la gioia di vivere. E se è vero che l’universo un giorno non esisterà più, è altrettanto comprensibile che la percezione umana di infinito si possa basare semplicemente anche “solo” su 100-200-300 anni e via dicendo. Se io oggi compio una buona azione, stabilisco dei valori morali apprezzati dal prossimo (mi chiamo Gandhi ad esempio), so che i miei sforzi si protrarranno nei decenni successivi; cioè saranno utili a chi verrà dopo di me per diverse generazioni. Così come se io compongo la nona sinfonia, questa si propagherà tra gli animi per molto tempo.

Non ha importanza l’orizzonte estremamente lontano, basta il termine della nostra brevissima permanenza terrena.

Moitessier ha vissuto per se stesso, navigando in lungo e in largo per appagare la propria anima. Ha scritto per piacere? Può darsi, ma anche se non principalmente per far cassa (e credo ne abbia fatta parecchia). Il punto è che le sue parole sono entrate nei cuori di tantissime persone, alcune delle quali diventate poi marinai, o semplici sognatori, il che a volte è bastevole. Si è posto il problema o il desiderio di un lascito morale? Non saprei, bisognerebbe chiederlo a lui. La mia opinione è no. Lui ha vissuto nella natura, per la natura, il mare, il vento; elementi uniti che sono alla base dell’essenza delle cose. Ha saputo certo mettere su carta le emozioni, le quali sincere e percepibili tali, hanno toccato le corde di chi le ha lette. Perché possiamo arrabattarci come vogliamo, produrre, far soldi, diventare i ‘più ricchi e potenti del Bigonzo’, ma davvero tutto questo non avrà senso. Fra 100 anni di Trump non resterà nulla, (forse meno di 100 anni se continua così), le sue azioni non aiuteranno nessuno; ma sono certo che le note musicali, un libro, un esempio continueranno a sostenere le giornate di molti esseri umani.

Se noi dunque godiamo di tali cose, se il nostro epidermide trae linfa vitale da ciò, non possiamo far finta di nulla, ignorandole e allontanandoci da esse; ne aneliamo il contatto, facciamole nostre. Probabilmente molti di noi non diventeranno né Beethoven, né Moitessier, non ha davvero nessuna importanza. È invece fondamentale dare un senso alla nostra unica vita attraverso le piccole cose, respirando l’aria, regolando un po’ le vele, navigando al meglio finché sarà possibile; o semplicemente leggendo un libro come quel signore che ieri, solo, seduto sulla sabbia dell’isola di Tavira, se ne stava assorto, felice, con accanto un thermos e il cane a fargli compagnia.

Il resto avrete capito non ha alcun senso.

 

(ora se permettete vado a festeggiare 😀 )

 

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