Ho riflettuto molto se scrivere o meno quanto segue, ma poi mi è sembrato giusto fare di tutto per trasferire anche agli altri un messaggio di speranza, forse una lezione di vita, che potrebbe dare una mano a chiunque di noi si attorciglia nella quotidianità, spesso addosso a problematiche ridimensionabili e prive di importanza oggettiva.

Quel ‘fare di tutto’ significa che non sapevo come scrivere di una cosa del genere, senza mettere in imbarazzo l’autore e allo stesso tempo utilizzare le sue parole evitando di scivolare nella sciocca auto referenzialità, in questo caso direi davvero fuori luogo; non so se vi sia riuscito, ma lo scopo meritava ogni rischio, che accetto volentieri.

Ovviamente Pierangelo mi ha autorizzato a dedicare il presente articolo, al suo commento scritto in chiaro, e anzi gli chiedo scusa pubblicamente per aver atteso sin troppo tempo, ma come detto, alcune cose richiedono sedimentazione, riflessione.

Il commento in questione risponde alla mia semplice descrizione di momenti che noi velisti proviamo allorquando decidiamo di mollare gli ormeggi, salpare e affidarci al vento, al mare: “E quindi apri le vele. Ho avuto diversi riscontri, squisitamente per il fatto che in molti sono saliti simbolicamente a bordo con me dandomi una mano nella navigazione: chi si è visto all’albero, chi al timone e via dicendo, se vogliamo, sul serio, niente di sorprendente o di nuovo, ma al contempo speciale, come ogni volta apriamo le vele.

Tra i vari interventi il suo mi ha spiazzato, in quanto sono parole a cui rispondere con intelligenza è complicato, e anzi dopo averlo fatto mi sono sentito uno scemo.

Il tuo post mi ha profondamente commosso. Sto procedendo nel decorso di una brutta malattia, che non lascia vie di scampo. Quasi tutti in questi casi usano il termine “lottare”, ma io non mi sento un guerriero, né considero la malattia un avversario, peraltro imbattibile. Piuttosto continuo a sentirmi un marinaio, un uomo che nella tempesta, come hai scritto, riduce la velatura e va avanti, planando e cercando, per quel che si può, di evitare la straorza, rispettando, pur temendola, la forza del mare.

Vorrei infine che sapessi quanto apprezzo il tuo blog che, nonostante le terapie e i ricoveri che da oltre un anno mi impediscono di essere in barca, riesce a farmi ancora sentire l’odore del mare e l’ebbrezza del vento. Grazie di cuore.”

Vorrei che vi soffermaste un solo minuto a riflettere, pensando alla vostra vita, alle varie faccende considerate incredibilmente importanti e complicate, e rivedeste quindi tali giudizi, o traeste dalle parole appena lette maggior forza e coraggio.

Signori vi presento un Marinaio vero!

In molti forse non lo sanno, ma la gente di mare non è quella che vedete vestita di bianco nelle regate di circolo; o quella che nelle banchine reali o virtuali, si atteggia a eroe e dispensatore di certezze. No, il Marinaio con la maiuscola, è un individuo umile, che conosce troppo bene la forza degli elementi per permettersi di fare lo sbruffone, e quindi li rispetta procedendo quando serve, con prudenza, prendendo le misure possibili, umane. Non punta ai record del cazzo. Non si va a sfasciare la testa di proposito, perché drogato di adrenalina, ma semplicemente viaggia, esplora, naviga, con la massima attenzione possibile, consapevole che l’imprevedibile è dietro l’angolo. Non è coraggio, come dice appunto Pierangelo, ma il prezzo da pagare se si vuole intraprendere una vita, una rotta fuori dalla confortevole, e solo apparentemente tranquilla, terraferma. Terra – ferma, non a caso, già solo la parola regala tranquillità; non c’è movimento, siamo fermi, i piedi per terra. Invero, perché è solo un’illusione, la Terra gira, non ce ne rendiamo conto, e noi con lei. La vita ‘si muove’ , le cose succedono, e per quanto proviamo a starcene in un cantuccio, lontani dai problemi, questi ci scovano ovunque noi siamo, perché insiti nell’esistenza dell’essere umano. Lo sappiamo bene, tutti. Dal momento in cui prepariamo progetti, idee, ci poniamo obiettivi, che non sono altro che fonti di successive difficoltà da affrontare, nodi da sciogliere. In teoria sono mete che vorremmo semplicemente raggiungere, senza troppi inconvenienti, ma il nostro inconscio, che ci conosce meglio dell’io razionale, sa bene che abbiamo bisogno di equazioni da risolvere, per sentirci vivi. Per dare un senso al tempo, per verificare le nostre capacità, una volta usate a trarci d’impaccio, per sopravvivere, letteralmente.

Ecco perché si prende il mare. In un momento in cui l’uomo si è allontanato dalla natura, da se stesso, contornandosi di cose superflue, sprecando la propria unica vita alla ricerca di una felicità materiale e quindi effimera, abbiamo bisogno di tornare tra gli elementi reali, veri, concreti, senza filtri o protezioni.

Questa palestra, che ci aiuta ad imparare nuovamente a riflettere, a procedere con ritmo biologico e non stupidamente frenetico, si trasforma col tempo in saggezza, anche fatalismo se vogliamo, laddove riconosciamo alla natura un ruolo superiore, accettando la nostra figura microscopica e spazzabile come granelli di polvere dal vento.

Pierangelo mi ringrazia per il blog e questo certamente mi ha dato e mi darà maggior energia a portare avanti un contenitore che molte volte vivo con difficoltà. C’è davvero parecchio lavoro dietro i contenuti, spesso la quotidianità degli impegni, della semplice vita, mi richiede uno sforzo enorme per essere puntuale e con la miglior qualità possibile. Non è facile, credetemi, e solo il ritorno umano che ne ricevo appaga il mio lavoro. Per cui grazie a te Pierangelo, che nonostante le tue difficoltà contingenti, mi omaggi con tali emozioni. E sono certo, posso ringraziarti anche a nome di tutti i lettori, amici, simpatizzanti, hai regalato una sferzata, una secchiata di acqua salata rigenerante sulle nostre menti addormentate.

Le vicissitudini a cui un marinaio è abituato, dicevo, insegnano che si può uscire da una burrasca, brutta che sia. Ma è anche consapevole di come un giorno per forza di cose, arriverà il frangente maledetto che lo spazzerà via. È la vita, dove l’esistenza umana è solo un breve passaggio, tra onde perpetue. Dunque caro Pierangelo, tutto questo tu già lo sai, e da bravo Marinaio stai affrontando la tua burrasca come si conviene; per quanto mi riguarda io sarò qui a fornirti il mio infinitesimale contributo, per quel minimo conforto quando sarai sotto coperta, a riscaldarti un po’ : perdona sin d’ora i miei limiti, gli alti e bassi che ti farò sopportare.

Però voglio dirti un’ultima cosa, stai navigando alla grande, e me l’hai anche confermato recentemente, le nuvole si stanno diradando, le onde attenuano la loro forza, sono certo, ce la farai. Quel frangente che aspetta tutti noi, oggi non verrà, e riprenderai a goderti la tua barca per molti, molti anni ancora.

Allora adesso stringi i denti, abbi pazienza, mantieni ancora un po’ i terzaroli, fra poco arriverà il momento di mollare tutto, il vento gonfierà di nuovo le vele, e metterai per rotta 090, godendoti la più bella alba che tu abbia mai visto.