Ieri un amico mi scrive un messaggio su FB chiedendomi se Yakamoz avesse subito danni.

Francamente all’inizio non ho compreso la domanda: forse era per sapere se statisticamente, nel corso della sua vita fosse incorsa in incidenti e curiosità simili. Ma benché oramai sia abituato a ogni sorta di quesito, suonava davvero strano.

Ed è lì che il neurone ballerino si è acceso, andando a pescare una possibilità che il cervello si rifutava di pensare: era successo qualcosa a Marmaris.

Non passa molto difatti che dopo una breve indagine su internet scopriamo l’arcano: si sono verificate ben 2 trombe d’aria proprio a Yalancibogaz, nel marina dove Yakamoz dorme placida, al calduccio della sua coperta-cagnaro.

Başak sbianca letteralmente, lei la sente davvero quasi come una figlia; la sua prima reazione è “partiamo immediatamente”. Io un po’ più serafico, provo a calmarla invitando a un approfondimento tramite lo stesso marina. Difatti, e per fortuna, nonostante l’orario (circa le 21,30), risponde un guardiano il quale ci rassicura indicandoci che il disastro ha riguardato il pontone Lima.

Non che partire da Istanbul per Marmaris sarebbe stato un problema, ma almeno stavolta la gita fuori programma ci è stata evitata dal fato.

Da qui in poi inizia una carrellata di richieste di rassicurazioni da parte di amici, a cui ci prodighiamo come meglio possiamo. Oltretutto scambiamo informazioni tra armatori di barche ormeggiate presso il marina, come una catena umana volta a dar conforto. Nessuno dei nostri conoscenti ha subito danni.

Una coppia di amici invece aveva la barca al pontile Hotel, fortemente danneggiato: il marina stava quindi provvedendo a trasferire tutte le barche in secco con il travel lift. Un pensiero particolare agli operatori del marina che si dovranno sobbarcare una nottata di duro lavoro, personaggi sempre affidabili e disponibili, un insegnamento per tutti quelli che non sanno cosa voglia dire ‘amor proprio’ nei confronti del lavoro.

Le notizie si intensificano, e si viene a sapere che 2 megayacht hanno rotto gli ormeggi andando a sbattere contro le barche di fronte.

Altre sono cadute dagli invasi.

Insomma una piccola ecatombe dove, ed è la cosa più importante, non ci sono stati né feriti né morti.

Anche se ci siamo andati vicini.

La prima tromba d’aria spostandosi in mare ha investito un battello turistico di 18 metri (il classico double decker, ma per uso diving) facendolo capovolgere e in breve tempo affondare.

Immediatamente interviene la guardia costiera, e due militari sommozzatori si immergono per verificare se fossero rimaste imprigionate persone, e poi segnalare con una boa il relitto.

Nel mentre però si attiva la seconda tromba d’aria, dopo soli 10 minuti dall’esaurimento della prima, questa a dire di molti ancora più potente: la prima era di 147 nodi!

È stato davvero un caso se i due ragazzi sono riusciti a riemergere in tempo e risalire sull’imbarcazione di servizio, partendo a razzo guadagnando la salvezza (testimoni hanno definito la loro impresa come una ‘levitazione’, tanto l’adrenalina li ha fatti muovere): il vortice era proprio sopra di loro, un minuto dopo nessuno può sapere cosa sarebbe successo.

Se leggete qualche post indietro, vedrete che in occasione del ‘medicane Zorba’, avevo parlato di cambiamenti climatici e necessità di prenderne atto. Eccone un altro esempio.

Sembra di assistere al film “The day after tomorrow”, e si sa spesso larealtà tende oramai a superare la finzione. Speriamo davvero non sia questo il caso, ma di certo non è un gran bel vedere negli utlimi tempi.

E si ripropone anche il cosa è meglio per una barca, se stare in secco o in acqua.

Un caro amico ieri mi scrive tal dubbio, a cui rispondo “è solo questione di culo”, senza mezzi termini.

Difatti qualche barca è caduta con danni forse minimi (o forse no: si saprà in seguito), altre sono state schiacciate dai mega yacht. Un’altra si è girata all’àncora, alcune hanno perso l’albero, e via dicendo.

No, a meno di trovarsi in un rifugio anti uragano, davvero è una questione legata al caso, nulla più.

La riposta ai tanti dubbi sarebbe quella di munirci anche noi mediterranei di rifugi ad hoc. Ma il problema è ci manca la statistica. Non abbiamo (finora) una stagione degli uragani, per cui appunto prevedere strutture adeguate, o migrazioni in massa verso lidi sicuri, così come avviene in altre longitudini. Noi siamo sottoposti alla roulette russa, né più né meno.

La soluzione sarebbe quella di attrezzare tutti i marina degni di questo nome, preparandoci al peggio. Con la buona volontà e organizzazione non sarebbe impossibile, forse un po’ costoso all’inizio, ma fattibile. Ne vale la pena? Non sta a me dirlo, e si ci fa piacere pensare all’occasionalità, all’eccezionalità dell’evento; per cui alla fine ce ne torneremo tutti beati nel nostro mondo tranquillo pronti a dispiacerci quando in televisione arriveranno le notizie del solito uragano XYZ abbatutosi ai tropici. Speriamo le cose rimangano così, e altrettanto speriamo che queste piccole avvisaglie non siano tali, per l’appunto non siano segnali per farci correre ai ripari prima di eventi più catstrofici e allora si da contenere.

D’altronde qui parliamo di beni superflui, la barca è un giocattolo per molti e il problema è relativo, tranne per l’incolumità degli operatori e di chi si trova nei pressi.

Ma se il cambiamento climatico invece è una realtà, che affligge con alluvioni, medicane eccetera, paesi, città con danni ingenti, morti compresi, forse converrà ripensare alle nostre certezze, adeguando soprattutto l’urbanistica di molti centri, oggi, senza recitare gli struzzi con la testa sotto terra. Il domani potrebbe portare un conto troppo salato da digerire.

Comunque anche stavolta Yakamoz ha portato la pelle a casa.

Vedete nel video quella barca a dx con il telo blu durante tutta la ripresa? È lei! Yakamoz dorme placida, forse un po’ spaventata senza la mamma e il papà, che le mandano tanti baci.