Il primo giorno di lavoro è un po’ come il primo giorno di scuola; non si conosce nessuno, quelli che saranno i futuri compagni, forse amici, al momento costituiscono solo fastidiose e spaventose presenze; per non parlare della maestra, per definizione un orco.
Bene, con Rebound è esattamente la stessa cosa.
Certo, la conoscevamo tanto da comprarla, ma metterci mano sul serio cambia totalmente prospettiva.
Quando si sceglie una barca, per quanto la razionalità ci accompagni nella valutazione fredda e sensata sui pro e contro, alla fin fine è il cuore che decide il da farsi (ribadisco, al netto delle questioni tecniche “accettabili”); di conseguenza tutta la parte drammaticamente reale e concreta, viene magicamente accantonata dal cervello, il quale brama endorfine con le quali far sognare il malcapitato pazzoide.
Per farla breve, eccoci qui da pochi minuti da soli con Rebound e non sappiamo come e dove cominciare!
Sia io che Başak ci guardavamo come per dire “mi sa che abbiamo fatto una ca….”, insomma avete capito.
Parlo di minuti iniziali, ma la verità è che ci sono volute ore e forse almeno 2 giorni per acquisire un po’ di fiducia e confidenza; confortati anche dal fatto che siamo qui per fare un cosiddetto blitz: sbarcare il motore.
Pertanto siamo fermi sulla corretta decisione di non metter mano a nulla, tranne predisporre il suddetto lavoro, in attesa che arrivi il caro amico Manuel, il quale ci darà una mano nella delicata fase di sbarco.
Fatto questo (speriamo), se ne riparlerà dopo un mese, quando ci saremo organizzati con casa in affitto, attrezzi e tutto l’occorrente necessario ad affrontare “la bestia”.
Abbiamo messo in conto anche di non riuscire questa settimana (si, stavolta non potevamo oltre 7) a sbarcare il motore; troppe sono le incognite al momento, per cantar vittoria con certezza; ma va bene così.
Rebound non è una barca qualsiasi, bisognosa di ordinaria manutenzione e interventi straordinari ma sempre rientranti nella norma; non è Yakamoz per intenderci, al confronto la nostra prima piccina è stata una passeggiata.
Rebound ha bisogno di molte attenzioni, estrema calma e tanto, tantissimo approccio Zen; diversamente falliremmo il 3R Project prima ancora di iniziarlo.

Bon, bando alle ciance, ci sarà occasione di entrare nei dettagli della questione e man mano che la matassa si scioglierà; oggi vi presentiamo Rebound!
Godetevi il video e soprattutto l’esclamazione finale di Başak, sconfortata, ma che sintetizza perfettamente il nostro stato d’animo iniziale.
Reuse, Reduce, Rebound

 

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