… E mi venisse l’idea di convertirmi dalla vela al motore, penso sarebbe una barca del genere.
In effetti nel video ci sono due barche estremamente interessanti, e di genere completamente differente, pur se entrambe escono dai canoni attualmente in voga; parlo dei ‘ferri da stiro’.
Per chi non lo sapesse in gergo vengono definite tali, tutte le unità tipo ‘Azimut bimbumbam’ & friends, spesso dotati di ben due palloni in testa (antenne paraboliche giroscopiche) simili a pulsanti (appunto uno per l’acqua e l’altro per il vapore), dalla silhouette molto ma molto simile a un buon ‘Rowenta con piastra antiaderente’: il che la dice lunga sull’omologazione delle linee e quasi totale assenza di personalità.
Nel caso invece del video, la prima barca, quella antracite da me collocata con irriverenza nella categoria “stalle”, è un progetto senz’altro audace e dal design forte, che fa storcere il naso a molti (anche a me) ma che come obiettivo ha la sostenibilità energetica: difatti è piena di pannelli fotovoltaici, special modo sulla ‘terrazza’, e motore a trazione elettrica. Di certo non passa inosservata, silenziosamente, e il fatto che sia autonoma energeticamente, la rende ‘particolarmente’ affascinante.
Di tutt’altro tipo invece la seconda, quella da me eletta la barca a motore ideale per quando, in un’altra vita, penserò sia meglio dare gas che aprire le vele.
Ha un non so che di romantico, sobria e elegante, e lo si nota dai dettagli come il ‘tender’, che è una piccola meraviglia a se stante.
Questo per dire che il mondo del diporto non è da tagliare con l’accetta solo perché si ha o non si ha un palo con fili e lenzuoli. Scioccamente in molti ritengono i ‘motoscafari’ persone abbiette, inferiori, insozzatori dei mari e chi più ne ha ne metta. Invece, ho visto quanto spesso fosse facile riscontrare una sensibilità ecologica, o quanto meno un rispetto verso il mare e gli altri, proprio dai ‘non aventi tela’, che dai blasonati velisti. Come tra questi ultimi c’è molta gente che se ne sbatte allegramente, avendo optato probabilmente per il veliero giusto perché non si possono permettere il motore. Insomma statisticamente parlando è più facile che nel gruppo motoristi ci siano gli usurpatori del pianeta, i quali portano in mare l’opulenza terrestre quotidiana. Altrettanto facile che i velisti per scelta, tentino di godere ciò che madre natura ha concesso gratuitamente nel rispetto del silenzio e della sostenibilità (sempre senza esagerare). Però oggi più che mai, i confini non sono così netti.
Per tornare ai giocattoli del video, mi viene da aggiungere una considerazione. Da quando l’uomo ha deciso di poter sfruttare il mare per il proprio sostentamento, quasi istintivamente le linee delle imbarcazioni hanno avuto alcune specificità note agli occhi di tutti. E man mano che l’esperienza, e poi successivamente l’architettura navale, hanno affinato i disegni, si sono stabilite delle linee guida. In pratica si è riusciti a dare dei numeri strutturali e idrodinamici, a ciò che già si costruiva a mano e a naso, da centinaia di anni: per poi migliorare i risultati certamente.
Ma in soldoni, la chiglia quella è, la prua e la poppa anche, e ancora oggi quando vediamo in una qualche regata storica, i vascelli dei secoli scorsi, ne rimaniamo estasiati, ammirati.
È un po’ come se il mare dicesse “d’accordo, giocate e sperimentate, ma non vi allontanate troppo dai miei parametri altrimenti perdete la partita”.
Mentre a terra una casa avveniristica e super moderna, potrebbe raccogliere il plauso di molti, e comunque facilmente accettabile anche dai più conservatori, in mare l’occhio tende a cercare probabilmente delle linee nascoste nel nostro inconscio, qualcosa di atavico. Una sorta di equilibrio, una legge aurea applicata alle barche e guarda caso, più confacente alle leggi di Nettuno.
No, non sono un nostalgico o un anti moderno, io amo la tecnologia e le innovazioni, tuttavia mi piace crogiolarmi in un mondo dove alcune leggi rimangono fedeli a se stesse quasi nei secoli; creando un luogo magico e poco personalizzabile, poco modificabile dove l’uomo non può manifestare la propria arroganza e prepotenza. Forse il mare è davvero l’ultimo vero baluardo della libertà, sempre pronto a insegnare, ad accarezzare o a distruggere. Per cui, con tutto il rispetto del mondo, voi tenetevi la barca di sinistra, e lasciatemi sognare immaginandomi con la barba, la pipa in bocca, un doppio petto con ancore incise sui bottoni, e l’immancabile cappello da Capitano.
Se proprio devo esser costretto a scegliere contro un veliero…
Vada per i pannelli solari e non se ne parla più !!! Un saluto da piazza Lodi !!!
ahahah e magari con una bella bici sopra! Un abbraccio a te
Un bel traveler .. non so forse si chiamano così.. cmq ho visto che c’è stata una tendenza a prendere vecchie navi rimorchiatori per farci delle barche di lusso… senti Giampa, facevo una riflessione.. ma perchè invece (sempre nel caso ti venisse in mente di cambiare barca) non buttarsi sulle bellezza e comodità pura, che non rinuncia comunque alla vela e che dato che sei in Turchia viene anche facile…. tipo un bel CAICCO :))))
che belli, io mi sono innamorato follemente…
eh tu sei innamorato dei tirandhil … Guarda sai come la penso, mai porre limiti e mai dire mai, ma il legno è una bestia peggiore delle sirene del povero Ulisse. Vedremo
Beh certo una barca con fasciame, canapa e calafataggio è effettivamente una follia, ma una fatta in strip planking, 10 mani di epossidica e 10 di primer e un paio di strati di fibra di vetro non la vedo così masochista dai..
si, a parte non ho idea se fosse possibile riempirla a tal modo come una mummia 😀 , ma comunque il legno ha senso se si vede altrimenti che senso ha? Ok, diciamo per lo scafo risolvi cosi e de gustibus… Ma l’opera morta, la coperta deve rimanere in legno, altrimenti davvero che senso avrebbe. E lì non ti salvi, se barca piccola lavoro non improponibile, a tratti piacevole. Se barca over 12 metri inizia a essere un impegno. Tutto si può fare, basta esserne consapevoli 😉