Non è una novità, anche se raro, il fatto che oggi molti portatori di handicap, special modo motori, trovino mezzi e energie per riuscire a realizzare i propri sogni, comunque. Molti sono gli esempi nella vita, nello sport, come l’atletica, il basket e tanti altri, e la vela non fa eccezione, in particolar modo nel mondo del diporto dove diverse persone attrezzano una barca a vela per accedervi con la sedia a rotelle.

D’altronde non dimentichiamo che lo stesso sig. Amel, fondò il cantiere costruendo barche che potessero essere condotte con facilità, da soli, nel miglior modo possibile e in sicurezza: cosa che continuò a fare sempre di più e a maggior ragione quando divenne cieco… se vogliamo, sotto certi aspetti, una sorta di precursore e forse un riferimento a chi oggi decide di non porsi limiti, giustamente.

Insomma il mare rapisce tutti, e il suo richiamo è talmente forte da consentire di superare ogni ostacolo, a volte anche i più difficili.

“Uri” è una barca che raccoglie esattamente e pienamente questa filosofia. La incrociai la prima volta a Leros in Grecia, qualche anno fa, e scattai una foto perché molto incuriosito dallo strano veliero.

Ricordo che la postai su Facebook con l’intento di farci 4 risate, sulla scia delle barche come dire, singolari, così come ce ne sono tante, a volte “a causa” di mani poco felici di altrettanti armatori decisamente fuori dagli schemi, a voler essere gentili.

Anche questa non faceva eccezione, anzi non lo farebbe tutt’ora se non fosse cambiato il mio modo di vedere le cose.

Detto ciò però devo anche spezzare una lancia a favore della mia curiosità, in quanto d’accordo rimanere perplessi su tali forme stile ‘carro da Far West’, ma il mio primo istinto fu quello di riconoscere in Uri una barca che aveva catturato la mia curiosità, affascinandomi: cioè il progetto del defunto Caroff destinato ai viaggi polari!

E in effetti il concept è abbastanza simile, esternamente.

Ebbene dicevo della storia del veliero in questione e del suo armatore. Uri viene concepita da Mr. Udi nel 1993, in alluminio (mia passione) e completamente fruibile per un paraplegico, quale egli è.

Ed ecco che come per magia questa barca oggi appare bellissima ai miei occhi. Non solo perché oggettivamente se la si guarda bene, si possono apprezzare scelte tecniche geniali come i winch interni, l’uscita frontale, l’accesso al motore, o i ballast supplementari per limitare la sbandata di bolina, e tanti altri dettagli pensati e messi in atto dal diretto ideatore; ma più che altro per il fatto che Udi sia davvero una sorta di sogno concretizzato, come ce ne sono pochi al mondo.

Voglio dire, d’accordo con i soldi tutto diventi facile, e non voglio neanche immaginare quanto sia costata questa meraviglia realizzata nei prestigiosi cantieri olandesi; tuttavia, posso provare ad immedesimarmi nel signor Udi e in chi come lui deve vivere la vita gestendo ogni aspetto, da noi dato per scontato, con difficoltà non indifferenti.

Sono fermamente convinto che chi porti un handicap con sé, sviluppi altre capacità, tra cui evidentemente una forza di volontà non comune: il mitico “Zanardi”, tanto per citare un altro esempio a noi più noto, ne è l’ulteriore conferma.

Io sul serio rimango sbalordito, in quanto non credo ne sarei capace, anche solo sognarla una cosa del genere, dal momento che mi rendo conto dei miei limiti oggi. Invece Udi se ne va sereno solcando i mari (persino in Mar Rosso e in Atlantico), timonando, cazzando, lascando, issando, ammainando… su una sedia a rotelle.

Cari amici lo ripeto, questo è solo uno dei tanti esempi di persone coraggiose, parlo del vero coraggio non quello che siamo abituati ad ammirare, che al confronto risulta un “gioco da ragazzi”; sarebbe bello se i media veicolassero più spesso le azioni dei veri super uomini e super donne, in quanto solo loro potrebbero insegnarci a ridimensionare le nostre difficoltà quotidiane; così come procedere alla via un po’ più laschi, invece di perderci in tante stronzate estetiche, senza le quali la vela sembra non aver senso. Il mare è la vita, scegliere di navigarci equivale a voler vivere sul serio, affrontando ciò che viene, il bello e il brutto, con umiltà e saggezza.

Oggi mi vergogno di aver riso di Uri, (e si che io sono uno a cui l’aspetto pratico dà la precedenza) ma questa sgradita sensazione è l’ennesima lezione arrivata dal mondo salato, per cui ringrazio il magico veliero portatore di sogni e speranza, e mi inchino al suo armatore: al suo confronto io e Yakamoz, siamo poca cosa.

Per chi volesse saperne di più o fosse interessato all’acquisto ecco il sito di Uri