Ieri insieme a Başak abbiamo conosciuto un signore turco, molto simpatico, auto costruttore alle prese con la macchina da cucire e il suo tendalino. Non so come si è finiti a parlare di Istanbul, e della sua “evoluzione”. Benché io la ami, e la consideri la città con più energia che io conosca, non posso fare a meno di detestare ciò che negli anni le hanno fatto, (da inizi anni ‘60 lui dice) costruendo all’impazzata e peggio, aderendo agli stili architettonici americani, meglio newyorchesi: grattacieli, grattacieli, grattacieli. Solo il centro storico, quello classico, si salva ancora.
Ebbene il sig. Tamay, classe ‘41 (quasi 80 anni! Giuro ora che lo scrivo non gliene avrei dati 70), si rammaricava di ciò, e in generale su tutto quello che è avvenuto, non solo in Turchia. “La colpa non è la vostra che siete giovani (…), siamo stati noi ad abboccare, a barattare i nostri valori, la nostra cultura anche architettonica, a favore dell’americanizzazione”. Più allargato, si è discusso sull’innovazione, la tecnologia, che con la promessa di migliorare la qualità della vita, in realtà ha portato con sé, come una valanga, molta massificazione, standardizzazione, e annichilimento.
Annichilimento che se vogliamo passa anche dalle questioni puramente estetiche. Il gusto, il tempo per poter realizzare un edificio bello e compatibile con il circostante, così come un’automobile, o una barca, mal si coniugano con gli schemi e la promessa illusoria del ‘tutto per tutti’. È la solita storia, il progresso e l’innovazione, che travolgono tutto, nel bene, che oramai non riesco più tanto a vedere, e nel male. Io sostengo che ci si dovrebbe fermare un po’, magari a riflettere, e ripartire con una marcia in meno, ma maggior qualità. Argomenti questi che non posso affrontare in un articolo e più che mai in questo, ma mi piaceva come cappello.
Lo dico subito: Luna Rossa non mi ha fatto nulla, e rispetto coloro i quali ammirano, apprezzano l’attuale America’s Cup e le sue astronavi.
Fatta la dovuta premessa e sperando quindi di poter parlare serenamente, magari perché no stimolando un piccolo dibattito, eccomi a esprimere tra i tanti la mia opinione.
Viene definita e non a torto la Formula 1 del mare. E da qui i vari raffronti, comprese le classiche frasi “sono dei laboratori per studiare e sperimentare soluzioni tecnologiche da portare poi nel mondo consumer”. Bene, anzi male. Perché come molti di voi sanno, io non è che sia molto a favore del consumo, o meglio dell’iper consumo; dunque ‘sperimentare’ con il fine di sfornare l’ennesimo nuovo giocattolo a vantaggio del cummenda dal portafoglio pieno, mi disturba non poco.
Ma vabbè, questa è una storia vecchia, e ognuno continuerà a portare avanti le proprie battaglie.
Vorrei però concentrarmi sul paragone in sé con la Formula 1 e le varie speculazioni dialettiche.
In teoria grazie alle F1 si è arrivati a macchine più leggere, telai incredibilmente performanti in rapporto resistenza-peso, sicurezza, motori più… tutto più insomma, in una logica di quotidianità.
Il conseguente ritorno per la FIAT 500 del signor Mario, potrebbe effettivamente essere vantaggioso: tecnologia nuova, minori consumi, miglior efficienza, minor inquinamento.
Inoltre la Ferrari e altri team, laddove al di là dei nomi esotici conta il motore, investono nella competizione per avere un ritorno di immagine e economico diretto nell’automobilismo: vince la Ferrari, si vendono le fuoriserie ai privati; vince la Benetton con motore Renault (si vede che sono preistorico) si vendono più Renault ai vari signori Bianchi e Rossi.
E qui mi fermo con il settore automobilistico, perché l’ipocrisia del discorso fatica a starsene dietro la porta: magari il giorno in cui le F1 andranno a solare o a aria, allora si che si stapperà la bottiglia.
Ma aggiungo anche un’altra considerazione, fatta da chi seguiva la F1 sin da bambino, soffrendo come un cane alla morte del mitico Villeneuve, decretandone al contempo la fine di una passione vera e propria: le automobili, dal punto di vista squisitamente estetico sono cambiate in 20 anni, ma non poi così molto. Anche la potenza e le velocità massime, non è che siano aumentate in modo spropositato.
Ecco una foto per capire meglio.
D’accordo la differenza tecnologica sarà abissale, ma insomma dai, 4 erano e sono le ruote, 1 il motore era ed è, e purtroppo ancora a energia fossile, alettoni, minigonne eccetera saranno state modificate, migliorate e via dicendo, ma come diceva l’oste della fraschetta di Ariccia “È sempre ‘o stesso mangiare”.
Ora vediamo in 20 anni come si è evoluta l’America’s Cup.
Ecco direi che il paragone è inquietante. Mentre nel 1999 nessuno gridava alla pazzia, e tutti più o meno erano d’accordo sul fatto che le barche regatassero, e via complimenti al manico del ‘Cayard’ di turno, oggi una punta di imbarazzo emerge, indubbiamente. Regatano sempre, ma su cosa? Quando tra i commenti dei diretti interessati, ad esempio, spunta una frase del tipo “l’elettronica farà la differenza”, mi viene da rispondere “Ma davvero? E che c’azzecca con la barca a vela, il manico, il vento, il mare?”. Immagino Straulino cosa ne avrebbe pensato. In molti poi rimangono estasiati dalla bellezza di Luna Rossa AC75: qui non posso dir nulla, i gusti son gusti, e i miei sono più legati a linee un po’ meno avveniristiche, mettiamola così.
Il ritorno commerciale. Prada e Emirates puntano alla mera (e becera) pubblicità: uno venderà più vestiti ai fighetti che amano buttare i soldi (si odiatemi), gli altri venderanno più voli, ai soliti fighetti che non si macchieranno mai con Ryanair (in un certo senso fanno bene eh 😀 ).
Ma nessuno venderà una barca da loro prodotta. Semplicemente perché non ne producono.
E dato che a differenza delle F1 dove molti sono gli sponsor di settore, qui non ce n’è nessuno, il ritorno nella nautica non riesco a vederlo, neanche indirettamente, sinceramente.
Ma soprattutto delle loro idee, innovazioni, cosa rimarrà al comune mortale? Intendo al velista della domenica, al navigatore in generale, per non parlare del liveaboard?
Davvero crediamo che andremo in giro con i foil? Già le barche “plananti”, quelle a forma di triangolo, che ‘fuggono il maltempo’, non mi sembra siano appannaggio del ‘dott. Tersili’, ma bensì di atleti, performer, o equipaggi che amano divertirsi a surfare. Ne conosco pochi di viaggiatori di lungo corso, magari solitari, che si divertono a girare il mondo a 16 nodi. Altrettanto ne conosco nessuno che mi racconti quanto sia bello farsi una bolinata con trinchetta e 30 nodi sul muso, con tali unità ‘divertenti’.
“Ma loro fuggono il maltempo”. Si certo, difatti in mare a nessuno capita un’avaria, seria o meno, ma tale da fermare il giocattolo: in quel caso chi va a dire al maltempo di attendere un attimo che ‘ora ho problemi’. Quelle barche come lo reggono il mare in tal caso? Si mettono alla cappa?
“Ma alla Vendée…Alla Volvo… Alla bim bum bam”. Si certo, va bene, ma guarda caso spesso sono barche dotate di paratie stagne, uscite di sicurezza in caso di ribaltamento, tutta un’elettronica che neanche alla NASA, eccetera.
Se per favore mi indicate un modello di barca ‘consumer’ con tali accortezze ve ne sarei immensamente grato.
“Questi qui volano a 60 nodi”. Bello, difatti hanno il casco e bicipiti, io ahimè non ho così tanti muscoli e il casco, grazie magari un’altra volta.
Cioè voglio dire, ammesso e non concesso io con una Lamborghini o una Ferrari, non sono costretto ad andare a 380kmh, e tra l’altro non potrei neanche per legge, tranne rivolgermi a un circuito.
Comunque posso limitarmi a fare lo sborone e qualche sgasata per far sbavare qualcuno e la donzella di turno.
Con un ‘natan-velivolo’ sullo stile Luna Rossa AC75 alias ‘Guerra dei mondi’, ammesso la producano in serie, che faccio me ne sto alla fonda per farmi vedere? Per entrare in porto chiedo 3 posti barca per “qualche problema di pescaggio in lungo e in largo”? O per divertirmici dovrò aspettare altri 5 amici avventurosi alla ricerca di adrenalina? (Già oggi devo pregare il vicino di banchina a farsi un giro sul mio normalissimo ‘Sun Odissey’).
Qualcuno esordirà dicendo che troveranno il modo di fare dei foil mezzi-foil (già esistono), retrattili come le derive mobili eccetera. D’accordo dai, ma resta il fatto che io quando mi sposto e faccio il check delle cose che porto con me in giro, ne esco sempre sconfitto con 1 tonnellata extra a galleggiare.
Motivo per cui ho difficoltà anche a digerire i semplici catamarani, dovendo tener conto degli equilibri (ma questa è un’altra storia).
Sarà uno spettacolo divertente da vedere? Non ho alcun dubbio (…) e spero presto di assistere a tali competizioni a botte di 60 nodi. Ma non venitemi a dire che fra 10 anni ce ne andremo in giro tutti felici a volare a 2 metri dall’acqua, con una mano sulle draglie, una sul timone, gambe distese, godendoci il mare, la brezza (30 nodi), in pieno relax come facciamo oggi.
E se mai dovesse avvenire auspico almeno l’istituzione di un vigile marino a gestire i vari bolidi e le relative precedenze.
E poi io il casco, in mare, non me lo metterò mai!
Purtroppo il progresso non si ferma. Non è una frase fatta ma una tristezza dell’anima. Amo le cose vecchie dove si sentono ancora gli echi di voci vissute intorno a loro, le casa, le fabbriche, le scuole abbandonate e fatiscenti ma ancora vive, piene di vita passata. Amo le bussole antiche o solo vecchie ma uso il Gps. Siamo in sintonia e come potrebbe essere diversamente avendo navigato anch’ io.
Roberto, come al solito è un argomento complicato. Complicato in quanto se si contesta un aspetto della tecnologia e del progresso, si passa per “nonni brontoloni”, e questo è il gioco-strategia se vogliamo con cui i nostri politicanti gestiscono da anni le misere questioni nostrane: o stai di qua o di là, la via di mezzo, lo spunto per riflettere e studiare alternative valide, non è contemplato. Alla via così
Mi spiace ma la tua analisi parte da un errore iniziale, le F1 non “sembrano” cambiate molto perché i regolamenti vengono cambiati ogni anno a favore della sicurezza. Sono state progressivamente limitate le resistenze aerodinamiche, l’aumento delle misure degli pneumatici, della misura degli alettoni, etc… che hanno impedito ai progettisti di aumentare le velocità a favore di medie più alte. Anche gli esempi sulla possibilità di andare sui foil, non me ne volere, li trovo poco calzanti. In realtà tutto il mondo, come quello dello sport va avanti e si specializza, sta a noi inseguire o fermarci qualche scalino al di sotto pur di sognarlo. La riflessione su fermare “il mondo” ed aspettare perché non ci so o posso arrivare… mi sembra più il discorso di quando la volpe non riuscì ad arrivare all’uva. Buon vento!
Caro Enrico ma ci mancherebbe, non ho la pretesa di metter tutti d’accordo, e come molti sanno i miei articoli puntano a stimolare riflessioni. Riflessioni che spingono sul senso consumistico della cosa, e a volte forzare alcuni argomenti, come apparentemente posso aver fatto con questo, giustifica la mia intenzione di decrescita.
Ma veniamo comunque alla tua analisi e a quello che non sono riuscito a trasmetterti sulla questione F1-AC: vedi le F1 sono rimaste “con le ruote per terra”, e certamente nessuno può escludere ora che un domani le F1 voleranno… ma al momento non è così.
Le AC iniziano a uscire dall’elemento naturale che è l’acqua 😀 e, soprattutto, stanno stravolgendo le dinamiche stesse della competizione: dove sarà il Match Race? Quali virate tattiche si prevederanno? Quali “coperture” per tagliare il vento? Insomma quali saranno le strategie del navigatore e il manico del timoniere? Poi se alla gente questo circo che io considero deformato, piace, va bene tutto. Ma a me no. Così come la F1 in un certo senso ha perso l’apporto umano, preponderante in alcuni casi, dai tempi appunto di Villeneuve; ma certo almeno resta un pilota che nonostante tutto può fare la differenza.
Purtroppo vorrei essere d’accordo con te sulla questione della volpe e dell’uva, perché significherebbe l’esistenza di un’uva da non poter cogliere. In realtà non è così facile l’azione di “fermarci qualche scalino al di sotto”, in quanto il progresso trascina tutti, volente o nolente, costringendo anche chi vorrebbe ‘fermarsi’ a subire i suoi effetti. Ma poi davvero fidati, almeno in questo hai preso una cantonata, io sono l’ultima persona su cui ipotizzare il gioco della volpe e l’uva 😉
Hai ragione da vendere…
L’unico casco che porto in barca è quello di banane…