Si vede proprio che non siamo tipi da blog, quanto meno classicamente parlando; ce la mettiamo tutta per aggiornare il sito ma la vita corre più in fretta e ogni volta ci diciamo “dai ora non ne vale la pena, scriviamo più in là…no dai ancora fra poco…” e via così.
Quindi vogliamo chiedere perdono a voi cari lettori-amici, ma confidiamo in una vostra comprensione, d’altronde noi nel bene e nel male siamo fatti così; per contro promettiamo di impegnarci di più cercando di regalare maggior frequenza d’aggiornamento al blog.
Da agosto in poi abbiamo proseguito a rispondere alle tante richieste relative al libro, interviste comprese; inoltre hanno iniziato ad arrivare alcuni inviti per presentare “l’opera del millennio”.
A breve comunicheremo le date precise man mano che ci si avvicinerà agli eventi, sia sul blog che sulla pagina FB.
Tutto questo interesse inutile negarlo fa piacere, ma che ci crediate o no l’aspetto più intrigante e portatore di soddisfazione è la stima che ne scaturisce, l’affetto, la voglia di ‘toccare con mano’ due persone semplici che sono riuscite a trasmettere evidentemente spontaneità e, questo ci auguriamo, valore ai consigli dati con il libro.
Quindi si, faremo il possibile per promuovere e partecipare agli incontri.
Agosto e settembre sono stati due mesi anche pieni di amici e parenti, i quali sono venuti a trovarci a bordo per passare qualche giorno in totale relax: grazie a tutti voi che ci avete regalato il privilegio di ospitarvi…lo scambio relazionale resta forse la parte più preziosa di questa splendida avventura.
Ecco due care amiche intente alla soluzione del ‘puzzle di Einstein’, simpatico gioco a cui le abbiamo sottoposte…(Siamo un pò sadici)
La navigazione si è svolta principalmente nel golfo di Hisaronu, comprendendo la splendida Symi al quanto strategica per noi sia per il rifornimento di vino che di gasolio in previsione della chiusura stagione (serbatoi da lasciare sempre pieni per evitare condensa e formazione di batteri e quindi proliferazione di alghe): non dobbiamo spendere parole sugli spunti paesaggistici, dato che la consideriamo una delle più belle isole greche e non solo dell’Egeo.
…E si il tempo è volato, letteralmente. Senza accorgercene siamo arrivati alla prima settimana di ottobre!
Ma quest’anno è stato ed è profondamente diverso rispetto alle altre stagioni; il libro continua a coinvolgere e condizionare, talvolta con piacere, i nostri programmi.
Ed ecco quindi arrivare una bella e-mail con la quale l’amico Alessandro ci contatta per proporci un’altra bella esperienza: “ragazzi il Kilimangiaro (Alle falde del Kilimangiaro) vorrebbe fare un documentario con la vostra partecipazione, stavolta con maggior protagonismo, per spiegare anche la vostra scelta di vita. E non solo via mare ma anche via terra!”
Insomma la storia è questa, ospitiamo la troupe a bordo di Yakamoz scorrazzandoli nei vari lidi richiesti ma investiti di un ruolo che ci vede non proprio a nostro agio: non è come recitare, ma in sostanza lo è!
Dato che non siamo “habitués del set”, gli strafalcioni si moltiplicano a dismisura e tante le volte che ci vedono ripetere battute, replicare scene e via discorrendo…Della serie, capisci veramente cosa si cela dietro un documentario e più che altro che mole di lavoro, sia per gli operatori che per gli ‘attori protagonisti’!
La parte più bella però è saltata fuori quando abbiamo dovuto prevedere di lasciare Yaka per circa 10 giorni alla volta di un giro terrestre da Marmaris fino in…Cappadocia!
…Lasciare Yakamoz…
Per molti di voi sembrerà una sciocchezza e noi ai vostri occhi sicuramente miseramente patetici, ma credeteci è stato come lasciare una figlia piccola al nido.
Noi non siamo abituati a entrare nei marina e ‘abbandonare’ con nonchalance la barca, pensiamo a tante cose…Se arriva un vicino troppo ‘irruento’, se la burrasca (che sicuramente arriverà in quei giorni) porterà danni, perché no si pensa a possibili furti e danni di ogni natura e entità.
Inoltre dobbiamo prevedere una sorta di mezzo invernaggio, perché 10 giorni comportano accorgimenti che normalmente non adottiamo, tra cui il dissalatore da risciacquare, rientrare ogni appendice normalmente all’esterno e soggetta al vento/pioggia, eccetera eccetera…L’abbiamo premesso, siamo patetici ma questo è!
Arriviamo al punto.
La scelta di vita di cui al libro spiega in effetti che la barca è e resta un mezzo, da cui la finalità precisa è quella di affrancarsi dalla vita comune con un basso budget; questo indipendentemente da essere a mollo o con i piedi asciutti!
E la RAI ha pensato bene di spiegare con le immagini come questi due pazzi potessero girare via terra con sacco in spalla.
Ricapitoliamo.
Scegliamo Orhaniye come baia dove lasciare Yakamoz; in particolare il pontile attrezzato con corpi morti e appena rinnovato del ristorante Kadir, nostra vecchia conoscenza anche se in passato abbiamo usufruito dei suoi servizi solamente come attracco per Yakamozzino (vezzeggiativo per il nostro tender) e qualche çay…
Scegliamo di dar fondo comunque, oltre al corpo morto, noi ci fidiamo ciecamente della nostra Bugel, meno di ciò che non riusciamo a verificare di persona (le profondità e il fango di Orhaniye non lo consentirebbero); cime al pontile, tutto cazzato a dovere, ultime sistemazioni, sbarco della troupe e dei sottoscritti…saluto mesto alla figliola e viaaaa…di corsa in auto verso Marmaris da dove i ragazzi del Kilimangiaro inizieranno a seguire i nostri spostamenti che avverranno a mezzo pullman, autostop e autobus locali…e persino qualche bella lunga camminata alla “barbona”.
Diciamo subito che non è semplice come in barca, sia perché le tempistiche produttive non consentono il relax che normalmente adottiamo laddove sul serio ci produciamo in turismo terrestre, per cui è stata durissima, anzi vero e proprio massacro, questo è il termine giusto!
…Però certo, “si può fare”, anzi è stato allo stesso tempo un’esperienza fantastica.
Non anticipiamo i posti e le locations, cosa che faremo dopo l’uscita dei documentari, ma una foto la devo inserire rimandando a post specifico con altre immagini…Ragazzi la Cappadocia…Ah la Cappadocia, è qualcosa che va vista almeno una volta nella vita…Si può fare a meno di vedere qualsiasi altra cosa fidatevi, ma impossibile perdersi quest’opera d’arte realizzata esclusivamente da madre natura, (con qualche buco fatto da antiche civiltà): cioè, puoi vedere una piramide, una statua dell’isola di Pasqua e via dicendo, ma restano pur sempre opere umane, tralasciando gli spettacoli ovvio della natura più propri, chessò foresta amazzonica, mare, montagna, isole e tutto ciò a cui l’occhio è preparato per così dire…La Cappadocia è un luogo che sembra finto! Ci si pensa in un set di Hollywood, un regno incantato che se venduto così un bambino non può credere diversamente…Bene, non voglio spingermi oltre (parla Giampaolo perché ovviamente Basak conosceva già l’argomento avendola visitata in passato!), sarebbe inutile: o si vede con i propri occhi oppure ogni spiegazione è poco proficua!
L’avventura terrestre termina, non senza abbracci commossi fra tutti i componenti, ed è così, è tutto vero, anche per loro è una specie di novità, con noi hanno iniziato una nuova impostazione documentaristica stimolata dal Kilimangiaro, e come sappiamo le prime volte sono sempre un po’ uniche.
Torniamo con un po’ d’apprensione a Orhaniye ma per fortuna Yakamoz è lì ad attenderci scodinzolante, e senza danni!
…Neanche il tempo di disfare i bagagli che salutiamo gli amici di Kadir, mettiamo in moto e molliamo le cime, direzione la baia vicina di Selimiye! Questo abbiamo fatto, questo siamo noi, senza mediazioni: esserci visti ormeggiati, vicini ad un’altra barca con persone a bordo, il caldo che, incredibile, a metà ottobre ancora opprimeva, l’acqua “ferma”, stagnante del pontile…insomma avete presente i sintomi dell’allergia? Quasi…Solo quando abbiamo respirato un po’ d’aria fresca, visto l’acqua muoversi sotto la chiglia, siamo rinati.
Fiuuuu, il verricello fischia e l’ancora è giù, finalmente liberi!
Trascorriamo gli ultimi giorni di questa lunga e intensa stagione riparandoci da qualche sgrullone, colpi di vento ma anche bei prolungamenti d’estate; il bagno si fa serenamente, ma certo non oltre il primo pomeriggio, il sole inizia a calare presto e nonostante la nostra location falsi la percezione del mese in corso molti indizi al quanto evidenti mostrano l’approssimarsi dell’autunno, anzi proprio dell’inverno…sigh!
Non è mancata neanche l’occasione di una nuova amicizia: Mahmut e la sua bella barca di 17 mt…! Non ce ne vogliano gli altri cari nuovi amici conosciuti e di cui normalmente non inseriamo dettagli per discrezione, correttezza, ma Mahmut andava citato per la sua barca bella attempata, ma che lui comprò qualche anno fa rimettendola in sesto e personalizzandola in modo decisamente interessante. Apparentemente è un ketch come tanti (ha già sul groppone un giro del mondo fatto dal precedente armatore) ma dentro è una casa! Con tanto di mobili stile anni ’70 che le foto non possono rendere, vetri dipinti a mano da un amico artista e per non farsi mancar nulla un oblò sull’opera viva (!aiuto!) per ammirare “le profondità dei mari” in stile capitan Nemo!
Mahmut nel suo “saloncino”
Una simpatica “evoluzione” da pesce a barca a vela…
Commovente l’orgoglio per Ataturk!
Ed ecco il famoso e suggestivo oblò vista fondo!
Le decorazioni artistiche
Dopo l’amico Mahmut gradevolissimo che al di là delle apparenze/dimensioni resta un altro vagabondo a tutti gli effetti, un bel recupero di barca alla deriva in occasione di una botta di vento che ha visto arare questo 14 metri senza nessuno a bordo: a remi abbiamo portato una cima assicurando la sua galloccia di prua alla nostra di poppa, in attesa che arrivasse la capitaneria avvisata prontamente da Mahmut, che non è arrivata bensì anticipata da un ‘sedicente’ amico dell’armatore inglese assente…salito a bordo con altri aiutanti gommonodotati, scoperti essere in realtà del vicino e costosissimo MartiMarina! L’amico di cui sopra invece era un operatore del pontiletto vicino di un ristorante abbastanza noto “Begonville”, bello, accogliente e costosetto. La storia e che va raccontata per aiutare altri amici a non scegliere tale approdo a meno di voler restare normalmente a bordo, è che non avendo spazio al pontile, partito l’armatore e per voler evidentemente ospitare altra barca più remunerativa hanno preso il 14 metri, l’hanno messo (malamente) alla fonda e arrivata la buriana se ne sono fregati altamente di controllare: se non fosse stato per il nostro intervento era a scogli!
Risultato, oltre un ‘grazie’ formale neanche una bottiglia non dico di vino ma almeno d’acqua minerale…Cioè capiamoci, non è che si aiuta il prossimo per riceverne un compenso ma l’etica vorrebbe così. Noi faremmo così. Specialmente dato il valore della barca e il grosso rischio cui stava andando incontro non solo il veliero ma la stessa struttura ospitante per intenderci.
Fatto sta che passata la buriana il giorno dopo l’hanno rimessa alla fonda in un’altra zona!
La barca incriminata ben assicurata a Yakamoz
Tanto per avere un’idea delle sferzata della giornata:
un HR all’ancora che si piega come una foglia…
e non l’ho potuta fotografare ancor più inclinata!
E così arriviamo al 26 ottobre, giorno prenotato per l’alaggio di Yaka, sempre triste…
Comunque è fatta! La figliola ora riposa sulla sua culla al sereno e dopo tanto impegno profuso a proteggere le nostre membra durante tutti questi mesi…Grazie e buona siesta.
Inizia anche la fine del romanticismo e la trasformazione di Yakamoz da dottor Jekyll a Mr. Hyde !
Non potremmo descrivere diversamente la situazione.
La manutenzione che la figliola richiede è ai limiti della sopportabilità, come ogni barca.
La differenza è che oltre la manutenzione ordinaria noi cerchiamo di portarci avanti anche con le migliorie…perché è la nostra unica cosa e casa, perché un marinaio quando vive la propria barca nel tempo riscontra dei dettagli migliorabili, la vuole sentire più sua; è tutto molto normale, ma ciò richiede soldi o tempo.
Noi proprio quest’anno visti i vari impegni invernali di tempo ne abbiamo poco, di soldi neanche ne parliamo; nonostante più di 20 giorni in secco siamo riusciti solo a provvedere all’ordinaria manutenzione, tra cui anche l’apertura e revisione della zattera (aggiungeremo minimo sigari e sigarette…!),
Basak intenta al ‘collaudo’ della zattera
smontato il mega-plexy della sovratuga per riapplicarlo a dovere, anzi a regola d’arte e carteggiare e riverniciare le cornici in massello (approfittando delle giornate di sole)
“Finestre” aperte!
Basak che pulisce il plexy dal vecchio sika
Giampaolo che pulisce ‘una a una’ le 100 e passa viti del plezy!
e dato una spallata ad uno dei miglioramenti che abbiamo in testa: la sverniciatura del pozzetto e altre parti sul ponte. L’operazione comporta lo smontaggio delle panche in teak e l’asportazione della vecchia vernice con raschietto, perché utilizzando frullino e dischi specifici nella fase iniziale si farebbe troppa e inutile polvere: siamo vicini come al solito ad altre barche e l’organizzazione con teli e mascheratura delle altre zone tipo il tambuccio è un’operazione che richiede appunto orizzonti temporali differenti: si fa una volta, fatto bene e si inizia e termina il lavoro, fine.
Giampaolo intento alla ‘raschiatura’
una volta smontate le doghe in teak
Quindi diventa tutto più complicato e stancante, poi qualche giorno di pioggia, poi un primer di un colore che non si trova, la spiaggetta da ripensare per liberare il gavone della zattera e posizionare la stessa in una zona più logica liberando così uno spazio enorme per pinne, scarpe e tanti altri giocattoli, eccetera, eccetera, eccetera.
Credeteci in 20 giorni è un’impresa unica, e infatti come anticipato non ce la si fa, e si rimanda il grosso ad aprile quando torneremo carichi di energie positive (speriamo…).
…E nel frattempo i soliti diportisti paganti sfoggiano fior di cartelli di ditte specializzate: questa qui sotto lo giuro per qualche giorno di cartelli ne ha esibiti ben 3! Ogni cartello una ditta…Ora si accontenta “solo” di 2.
Veniamo al dettaglio per i curiosi.
Noi in questi anni stiamo man mano ripensando a Yakamoz in chiave pratica ma altrettanto attenti all’estetica.
Prima di tutto l’alluminio non ama la vernice! Dato di fatto.
Voi se vedete in giro altri Ovni o barche in lega le ammirerete belle, bianche sui bordi, pozzetti lucidi, abbacinanti. Questo succede intanto perché probabilmente le state osservando da lontano…
E poi perché qualche ricco possidente terriero ha avuto i soldi per appendere il solito cartello “Marine service” da cui si evince che una squadra ha provveduto a sverniciare e riverniciare a modino a suon di eurodollari la propria amata metallica…
Bene se non fosse che dopo un paio d’anni, forse 3 forse 4 inizieranno nuovamente a comparire ‘fioriture’ di vernice in varie zone! …Ci risiamo.
E qui inizia la scelta strategica.
Se lasci la vecchia vernice, oltre ad un risultato estetico non appagante aiuti la corrosione dell’alluminio nelle zone interessate; perché la sporcizia è nemica di questo materiale e una vecchia vernice, magari aggiunta da altri strati nuovi per mascherare, unita al sale e alla sporcizia sicuro creerà problemi.
Riverniciare comporta comunque una sverniciatura, e se pure avessi i soldi per rifarla ogni anno non è che faccia benissimo portar via strati d’alluminio pur se infinitesimali…
Quindi noi abbiamo messo a punto una strategia che al momento è vincente e che abbiamo scritto direttamente sulla nostra roccia personale!
Alluminio è bello!
Oppure…Alluminio libero! Libertà all’alluminio! E via altri slogan simili.
Intanto 2 anni fa abbiamo asportato tutta la banda laterale di circa 50 cm per 13 metri x 2 murate, classica degli Ovni e…ora sembra fatta “d’argento” ed è bellissima! Di notte splende che è uno spettacolo.
E per quanto riguarda questa zona non ci sono controindicazioni tranne questioni puramente estetiche, ma a noi il grigio piace molto e ora è tutta in tinta unita.
Attenzione che oltre l’estetica c’è la pulizia evidente di varie microzone tipo la falchetta piena di asole per far defluire l’acqua! Ora libera e pulita.
Per la coperta invece nel 2009 ne avevamo sverniciata con tanta fatica una buona parte, ripristinando primer e anti-skid. Bella era bella, ma poi naviga che ti naviga riecco le? …Fioriture!
Questa volta abbiamo capito.
Sverniceremo tutta la coperta (quasi tutta perché la sovratuga ancora regge) e riapplicheremo solo mani di primer grigio o bianco vedremo (forse grigio), senza antiskid. Perché? Perché il colore dell’antiskid disponibile non è sempre uguale e il primer in realtà offre la stessa funzione, applicandolo con rullini di spugna bianca, non morbida! Cioè elimina il rischio di scivolamenti.
Ma l’aspetto più importante e che consigliamo ai futuri possessori di alu è che faremo la verniciature a macchia di leopardo!
Cerchiamo di spiegarci.
Il problema di una vernice che salta è che la cosa non si verifica dappertutto e negli stessi termini e tempi. Ma se tu vuoi riprendere la zona in questione difficilmente riusciresti a fare un bel lavoro…Insomma la ‘toppa’ si vedrà.
Se invece si mantengono a vergine dei perimetri dappertutto, diciamo un minimo 5 cm, meglio 10, creando delle zone non più ampie di circa 800/900 cmq (25x35cm ad esempio), asportare in toto la parte danneggiata sarà un gioco da ragazzi e ripristinarla a primer altrettanto…Fine dei problemi e tutto sempre lindo e pinto!
Il primer/vernice sulla coperta è necessario in quanto il caldo d’estate si fa sentire e l’alluminio molto conduttore trasferirebbe facilmente agli ambienti interni la temperatura esterna (diciamo e precisiamo anche una cosa: molti pensano che l’alu sia dannato per questo, ma anche qui sono dicerie di chi non l’ha provato. Se si adotta una semplice strategia di questo tipo o addirittura si isola con pannelli gli spazi tra alu e legni interni – da far fare prima dal cantiere o dopo come faremo noi quando rismonteremo tutto il mobilio per delle modifiche degli interni…si siamo pazzi ma questo si era capito – la barca sarà ben più isolata di altre di plastica. Il vantaggio invece dell’alu è che per la stessa ragione appena cala il sole le cabine si rinfrescano subito mentre gli altri in fiberglass soffrono parecchio! Oltre che lo scafo trasferisce dalla sentina la temperatura dell’acqua, più o meno.) . Quindi si alla vernice sulla coperta ma a zone, rigorosamente.
Poi abbiamo in testa tante altre idee malsane ma le vedremo man mano, tipo ridare una logica diversa agli interni, si già molto belli e ben fatti ma come anticipato il marinaio vuole sentire propria la bella del caso e noi non facciamo eccezione; poi vorremmo sostituire lo sprayhood in tessile con uno rigido in alluminio, per via di una maggiore ombra ‘fissa’ e senza tendalini ma più importante protezione dal mare durante navigazioni impegnative; studiare una timonatura interna rimandando i comandi in qualche modo a cui ancora non abbiamo pensato creando una comoda seduta; e tante altre belle storie…Maledetti soldi!
Vedremo, intanto primo step, la vernice…Ah, magari sulle murate se proprio non si ama lo scafo nudo si possono realizzare zone esteticamente soddisfacenti, ma sempre e solo zone, questo è d’obbligo.
…E dopo tante maledizioni e insulti contro la ‘figliola’, diverse magliette sudate e le solite mani sanguinolente veniamo a capo di un bel po’ di cose, puliamo quanto dobbiamo, prepariamo, spaioliamo e chiudiamo al meglio il guscio salutandolo, nonostante i mali degli ultimi giorni, con una lacrima di dispiacere.
Ciao Yaka a fra pochi mesi.
La sera alle 19 pullman per Istanbul, e dopo circa 13 ore di viaggio eccoci a casa di Basak accolti dai suoi sempre cari genitori.
Ora inizia una fase necessaria di riposo, vero, riabilitante.
E con questa foto già in clima nostalgia per il momento ci congediamo
A presto.
G&B
Come posso seguire anche gli interventi di altri e VOSTRE risposte?
Ciao Elio nessun problema, dovrebbe essere tutto in chiaro. Giusto il tempo da parte nostra di approvare i commenti spesso spam. Rimani con noi e anzi partecipa e leggerai anche le risposte