Vivere gran parte dell’anno a bordo di una barca a vela, non è la libertà!
E con questo spero di aver messo una bella pietra alle domande, o meglio esclamazioni, che spesso ricevo del tipo “che bella vita che hai, sei libero”.
Anzi, il fatto di occuparsi di un veliero, prima, dopo e durante è un’esperienza totalizzante che condiziona non poco spostamenti, programmi e energie.
La libertà in realtà è uno stato mentale, è la possibilità di svegliarsi al mattino (spesso all’ora che si desidera… che poi diventano le 4! Le 7, raramente le 8-9) e decidere cosa fare del giorno, per dare il miglior senso possibile a questa fiche di 100 anni con cui il destino ci ha obbligati a giocare nel ‘grande casinò’.
La barca come dicevo fa parte di una delle scelte che l’essere umano compie, e alla stregua di un figlio, di un cane o quel che volete, pone dei limiti ad esempio paradossalmente nello stesso viaggiare.
Si d’accordo, non c’è più bella cosa che spostarsi a vela, perché questo poi diventa anche un modus vivendi, la lentezza, con cui assaporare gli approdi, vivere le realtà del posto e via dicendo. Ma da buon essere umano che non si accontenta mai, vorresti magicamente trovarti con il tuo guscio un giorno a Mosca, a Montreal, in pieno Sahara ed ovviamente sai che con tutta probabilità questo non accadrà mai.
“Vendi la barca e inizia a viaggiare come tutti via terra!” la vocina pare bisbigliare. Oppure “mettila ben al calduccio in secco per un periodo sabbatico e…”. Si, tutte opzioni praticabili sulla carta, ma che poi difficilmente si metterebbero in atto, per tutta una serie di motivi, da impegni presi con se stessi, lavorativi anche (e si anche noi siamo costretti a produrre quei 4 soldi per vivere), economici (viaggiare via terra paradossalmente può costare di più) e forse una tonnellata di affetto e bisogno di questo involucro che probabilmente è più di un grande gioco, qualcuno lo definirebbe ‘l’utero materno’, dove è comodo e sicuro rimanere. Ma al di là delle varie speculazioni psicologiche, la barca davvero entra subdolamente nelle vene, per non uscirne più, se non sporadicamente e per brevi periodi.
La verità altra è che la vita è una e più invecchi e più comprendi che tutto non si può fare. Ogni scelta comporta una rinuncia e se metti qualità in ciò che fai, il tempo non rema dalla tua parte.
A volte entro in contatto con qualche nomade digitale, la nuova tendenza giovanile per adattarsi al meglio a questa società liquida, e provo invidia; qualcuno se ne sta 4 mesi in Thailandia, un altro in Australia, gli stessi cambiano mete per risiedere in qualche altra località (tendenzialmente esotica, quasi mai al freddo…) un anno magari, per poi tornare a casa ogni tanto e via fluttuando. Senza particolari radici, senza orizzonti fisici e temporali, forse loro liberi più di altri. Forse.
Io con la barca copro delle distanze geografiche limitate, ma utilizzo lo stesso metodo più pertinente al commesso viaggiatore di una volta; amo stabilirmi dove mi trovo bene, affezionarmi, e ciò richiede tempo, mesi a volte anni. Per poi cambiare aria ricominciando tutto da capo. Perché viaggiare per me è questo, nient’altro. Non mi interessa un long weekend dappertutto, solo per scattare la foto del posto che, mai come oggi, sarebbe facile reperire online. In più sono consapevole per sensazioni e testimonianze dirette di chi torna da qualche posto lontano, che il mondo oramai in qualche maniera si sta omologando quasi fin su al polo nord, il che mi inquieta non poco. Forse qualche isola delle Tonga potrebbe restituire una dimensione antica, naturale e meditativa, non saprei, bisognerebbe andarci per verificare. E ahimè non so se ne avrò il tempo, i soldi, la voglia.
Si la voglia, in quanto senz’altro il fascino del viaggio in sé ha perso gran parte della sua forza proprio a causa dell’iper consumo, che ha messo in condizioni tutti o quasi, di prendere un aereo a due soldi e spostarsi in lungo e in largo, “consumando” i posti, anche i più magici, per l’appunto omologandoli. Una volta, anni ‘60 e ‘70, chi tornava da qualche meta fuori mano, intratteneva i cari e gli amici con diapositive delle località, ammaliando e regalando sogni. Viaggiare era davvero un obiettivo importante, e anche tenere qualche foto a portata di mano delle proprie conquiste erranti restituiva pace e stimolo per la nuova missione.
Oggi il sapore è diverso, gli aeroporti strapieni, spesso di vari figuri fuori luogo che farebbero meglio a starsene a casa, piuttosto che inquinare con la propria ignoranza quelli che una volta in qualche modo erano “templi”, da cui partire dopo un check in avventuroso e analogico.
So di essere nato troppi anni dopo, di aver perso un’epoca forse a me più attinente, intendiamoci nel mio immaginario, ed è per questo che il rammarico pian piano svanisce, riportandomi con i piedi per terra, anzi per il momento su 10mm di alluminio sopra l’acqua, in quella dimensione privilegiata che in qualche modo è la mia isola tongana, e che mi consente di scrivere in tutta libertà questi pensieri privi di senso. O ne hanno?
Caro Giampaolo,
seguo te e tua moglie Basak da diverso tempo, anonimamente, ma con grande interesse.
E non con gli occhi sgranati e puerili dei velisti digitali aspiranti reali, che si inebriano di banalitá e luoghi comuni sulla presunta favola della vita di navigante, ma da vecchio (sono 57, anche se non li sento davvero!) del mare e dell’oceano.
Lo faccio per il vostro contagioso entusiasmo, perchè amo profondamente il mare e la vela (sono anche istruttore sub, giusto per sottolinearlo) ma sopratutto perchè ho imparato dal mare l’umiltá, e leggervi mi insegna molto e mi dá modo di confrontare le mie aspirazioni attuali, misurare le mie reali energie, ricordarmi quanto sia dura, spesso, la vita del navigatore.
Il tuo articolo di oggi è capitato “a fagiolo”, a ricordarmi che oltre ai miei limiti, alle mie umane paure di terrestre affidato al mare, bisogna fare i conti con la realtá di un mondo completamente mutato, che rapidamente stá contaminando l’ultimo baluardo dei migliori valori umani: il Mare, immenso maestro, e la Marineria, con le sue regole e le sue certezze.
Riprenderò comunque il mare, presto, seppure (credo) con una formula “mista”: un piccolo appartamentino sulla costa abruzzese, vicino al Marina, e (molto probabilmente) un Nauticat 33 col quale poter navigare dalla Croazia in giù, passando per la Puglia, il Salento, la Grecia Ionica e mahari Corinto..
Mi piacerebbe incontrarvi allora, ma se possibile anche prima a bordo del vostro splendido Ovni, per navigare, scambiarsi storie, racconto e visioni per il domani.
Avrei altro da scrivere, ma per ora mi limito ad augirarvi buon vento e..tante energie per affrontare l’inevitabile prezzo che vivere a bordo richiede..
A presto.
Maurizio
Maurizio che dire, commenti come il tuo mi fanno capire che il nostro impegno continua ad avere senso. Grazie. Grazie a te per la tua partecipazione e ti auguro di realizzare i tuoi sogni da giovane 57enne 🙂 . Certamente se vorrai venirci a trovare per una vacanza, saremo ben felici di aprire le porte di Yakamoz a te e a chi vorrai.
Buon vento
Giampaolo
Caro Giampaolo, condivido queste tue riflessioni. La liberta’ e’ uno stato mentale. Concetto facile a dirsi. Piu’ difficile ad interiorizzarlo, impostando la propria vita di conseguenza. “Ogni giorno e’ un buon giorno”, diceva qualcuno. Capito questo, aggiungo, tutto il resto viene da se’. Purtroppo, caro Giampaolo, la storia dell’umanita’ ci dimostra che l’uomo e la sua natura sono complessi. L’esempio e’ sicuramente importante. Dovrebbe aiutare a far scattare quella molla interiore, oserei dire “congenitamente arrugginita”, che la societa’ contemporanea sta comprimendo ulteriormente sotto falsi valori. Purtroppo, guardandomi intorno sono poco fiducioso. Lavorare su se stessi e’ scomodo e faticoso. Meglio continuare a vivere con le fette di prosciutto sugli occhi lamentandosi o compiacendosi del poco o tanto che la vita ci ha offerto. Tutti pero’ accomunati dal desiderio di raggiungere quella presunta felicita’, di cui la liberta’ fa parte, che, tuttavia, e’ sempre ad un passo davanti a noi. E dire che sarebbe sufficiente “gustarci” quel poco o tanto che la vita ci offre in ogni singolo istante. In ogni situazione. Per chi ama andare per mare, la vera differenza, come sai bene, non la fanno il tipo di barca posseduta, le miglia percorse o il fatto di aver decisio o meno di viverci a bordo, ma lo spirito con il quale riusciamo ad immedesimarci nella barca stessa, nel vento che ci spinge, nell’onda che sbatte al mascone. Chiunque va per mare vive le stesse esperienze. Cosa fa la differenza e’ l’atteggiamento con il quale le si vive. Inclusa la liberta’.
Ciao Bob, grazie per il tuo commento. Avere gente come te accanto che contribuisce con enorme qualità a questa piattaforma, è per me e Başak un onore. Ma l’aspetto più importante è quello di poter leggere riflessioni che per l’appunto aiutano a… riflettere. L’argomento che tratti, cioè la fiducia, è qualcosa di difficile soluzione, e si l’unica possibilità è quella data dal lavoro individuale, che magari potrà ripercuotersi sul prossimo. Quanti “prossimo”? Non ha importanza, uno basterà. Perché il nocciolo della questione è sempre quello della qualità al posto della quantità, diversamente il mondo continuerebbe a navigare sulla ‘superficie’ 😉
Cari Giampaolo e Başak. Condivido in pieno la descrizione del concetto di Libertà perfettamente calato nella realtà attuale. E anche io mi rispecchio in valori e modi di vita non piu attuali. Questo, unito all Amore per il Mare che, come molti ci ricordano, è un gran Maestro, mi fa proprendere sempre più per una scelta di Libertà… improntata come ben hai illustrato altrove, alla sola scelta possibile (che vedo): una sana regressione economica abbinata alla scelta di Vivere ( sempre piu) in barca…. Grazie come sempre degli ottimi spunti di riflessione.
Grazie a te Simone, e si non vedo molte alternative per quegli obiettivi comuni a cui fai riferimento. Almeno è nostro dovere provarci 😉
Ciao Ragazzi, sono anni che vi seguo, oltre ai vidi e le belle parole, e la vostra solarità che ci piace.
Non mi faccio troppe seghe mentali, per chi è per come, ho trovato un equilibrio mentale, chi mi scivola tutto da dosso, solo una cosa che mi manda in bestia, è l’inquinamento del mare.
Spero di incontravi presto.
sposo pienamente la necessità di non farsi “seghe mentali”, alla fine è il miglior approccio e sintomo di equilibrio 😀 Stendiamo un velo pietoso sull’inquinamento e non solo del mare 🙁
Inutile commentare…. sempre in perfetta sintonia di pensiero…
Inizia a inquietarmi questa cosa 😀 😉
Buon vento Gianluigi
Tranquillo😂 è una mera condivisione di una visione di vita generale….
[ATTENZIONE, COMMENTO AD ALTO CONTENUTO DI DELIRIO]
Ciao Giampaolo, ho voluto trovare un po’ di tempo prima di rispondere a questo tuo post che non riguarda “la barca” ma il concetto di libertà nel senso più
ampio del termine , come ben sai è un argomento che mi sta’ particolarmente a cuore.
QUalche tempo fa confrontandomi con gli utenti del noto social network sul concetto di barca = libertà mi sono trovato di fronte le più grandi distorsioni:
“non esco mai dalla barca” , “se arrivo da qualche parte escono tutti ma io rimango qua” , “non la lascio mai incustodita” ecc ecc…
Tutto giusto però…praticamente un carcere….
già mi immagino il lungo viaggio per raggiungere che so’: le isole Faroe, riuscire a trovare approdo sicuro e poi mettersi sul ponte della barca con il rum e
dire :”bene, sono arrivato…tempo di fare cambusa e poi via sottocoperta”.
a che serve un mezzo, la barca, che ti porta virtualmente ovunque, se poi non si può esplorare il luogo?
Ancora mi ricordo il mio primo incontro con Tenerife (non in barca a vela), appena toccato il suolo dell’isola ero letteralmente “affamato” di scorpire
tutto, di vedere come viveva la gente del posto, di guardare il mare dal picco del Teide, di passare sopra il suolo lunare del vulcano, guardare la valle
dell’orotava con le sue distese agricole, assaggiare i liquori, sentire i profumi, i sapori…ah! non sarebbe bastata una vita e avevo solo un giorno.
Stessa cosa per il cammino di Santiago, andavo a piedi e facevo dai 20 ai 60 km al giorno…adesso ne farei 10 e mi gusterei di più il paesaggio, parlerei di
più con la gente del posto…magari mi fermerei per un pò a far vita con loro, magari, nei miei sogni.
Il concetto di “libertà” è vago, sfuggente e volubile come lo è il carattere di noi che cerchiamo sempre un orizzonte dove andare.
Scegliamo la barca ma capiamo che ci sono dei limiti e vorremmo cambiare.
andiamo a piedi e capiamo che ci sono dei limiti e vorremmo cambiare.
scegliamo la ruralità stanziale ma anche li: limiti e non ci piacciono.
Non ci piacciono i limiti, da qualche parte fra il cuore e la gola c’è una sorta di “groppo” che ci fa vivere questa inquietudine, e va bene così.
Va bene così perché nella natura umana non esiste la “libertà assoluta” o meglio: non esiste uno stile di vita che abbia questa caratteristica: nel mondo
dell’alchimia, pratica esoterica sulla quale NON mi riconosco nella maniera più assoluta ma che offre interessanti abbozzi di filosofia spicciola, si parla
di principio dello scambio equivalente : “Senza sacrificio l’uomo non può ottenere nulla, per ottenere qualcosa è necessario dare in cambio qualcos’altro che
abbia il medesimo valore.
Ecco: noi forniamo “gradi di libertà” per ottenere “gradi di esperienza vissuta”, dobbiamo essere consapevoli che per ogni esperienza che viviamo abbiamo dei
vincoli a cui dobbiamo sottostare,, il trucco è capire quali di questi vincoli siano superabili, aggirabili o moderabili e quali invece sono immutabili.
La barca ad esempio: è inimmaginabile per me sottopormi alle vessazioni della situazione Italiana, continuerò quindi ad avere il mio piccolo natante che
“sfugge” alla maggior parte delle pesanti gabelle e leggi assurde fintanto che rimarrò nell’italico suolo; la mia cortissima esperienza in Croazia ad esempio
mi conferma come l’italiano che viene in barca venga visto come uno salvadanaio ma è altrettanto vero che è l’italiano che viene in barca che ha
comportamenti tipici di chi vuole “la pappa pronta” e di conseguenza chi prepara la pappa, vuole essere pagato.
ecco: sono distorsioni mentali, se vuoi la vera libertà da gabelle, spese di pontile o di gavitello devi imparare ad essere autonomo.
Insomma: lunga storia ed io ho finito il tempo 😀
La libertà …la libertà la si rincorrerà tutti ancora per molto, nel frattempo continueremo ad accumulare diapositive da condividere, non saranno più solo
immagini ma esperienze: il quad 50cc che si spegne in salita, il catabatico che fischia vicino all’approdo, quel sapore inconfondibile di terra mista ad
acqua di mare, l’orco dai mille gatti che esce vicino la pasticceria della nonna (si, questa la capiamo solo io e te…), la ricerca del refolo di vento
perché “il rumore del motore proprio no, non ci piace” e poi la mano che ti aiuta quando non ce la fai più, quando l’ultimo km percorso è stato il km di
troppo, le montagne lontane e la voglia di andarci, gli scarponi messi in un angolo che “chissà dove andremo la prossima volta” , il kayak, la spiaggia e il
tipo che appare con un rosso toscano e tu che hai il cacciatorino appena tagliato e da li a sera saranno chiacchiere e risate.
Ecco: questa per me è la libertà, la portata principale della nostra vita: quella fiches da 100 anni non potremmo giocarla sempre bene, l’importante è non
giocarla sempre male , ahahahah
Un Abbraccio.
Federico cosa pensi io possa aggiungere al tuo commento? 😀
Va bene spero davvero avremo altre occasioni per bere un po’ di Rom a bordo di qualche “prigione”, Yaka o tua che sarà… Con il tuo permesso vorrei farci un post ad hoc, merita 😉
Sicuramente accadrà 😉
Per l’articolo: fai pure, mi fa piacere
Ciao ragazzi,
I dubbi, i dubbi, e chi non ne ha? Ma l’alternativa quale sarebbe? Che altro si potrebbe fare? Il proprio lavoro fino alla morte? L’orto? Perché, non è faticoso l’orto?
Io credo che, pur con mille dubbi, alcuni di noi non hanno scampo, la vita vagabonda, in barca a vela, è l’unica via che ci lascia almeno l’illusione di essere liberi. E ogni tanto accade di trovarsi in qualche posto dove si sta bene, si conosce gente diversa, che ti dà qualcosa e a cui dai qualcosa. Mille difficoltà, mille problemi, ma almeno, la loro soluzione dipende da te e solo da te. Non voglio più regalare un mese di vita alle stupidaggini di una burocrazia sempre più ottusa, non voglio più fare la dichiarazione dei redditi, preferisco occuparmi del prossimo ancoraggio, almeno imparo qualcosa…..
Coraggio, e proviamo almeno a evadere. A realizzare qualche sogno….. in bocca al lupo e a risentirci
Grande Marco!
Certamente per alcuni di noi il “destino sembra segnato”. L’importante davvero é seguire la strada migliore e più adatta al nostro essere per strapparci la vita così come la desideriamo. Comprendo molto bene il tuo sfogo nei confronti della burocrazia e delle tante ottusità della nostra società in generale, e del nostro paese in particolare
Buon vento