Una buona notizia di fine anno: Sea Shepherd ha vinto. Le balene hanno vinto.

Da pochi giorni è uscita la notizia che il Giappone ha riaperto la caccia alle balene, ma in molti hanno frainteso il messaggio leggendolo come una dichiarazione di guerra aperta e esplicita contro i cetacei.

In realtà le cose non stanno così.

Fino ad oggi il Sol levante ha continuato la sua caccia infame nascondendosi sotto il vessillo della ricerca scientifica, spingendosi in Antartide. Ed è lì la zona di battaglia in cui la nota associazione Sea Shepherd ha combattuto per anni, smascherando questi vili cacciatori.

Ora però la dichiarazione di riapertura alla caccia ha fatto uscire contestualmente il Giappone dal IWC. Questa associazione nata nel 1946 originariamente si occupava della corretta coordinazione della caccia alle balene, ma successivamente si è trasformata in una sorta di ente di protezione, tanto da vietarne la caccia nel 1986 e, ancor più importante, istituire nel 1994 il “Southern Ocean Whale Sanctuary” (santuario delle balene), un’area di 50 milioni di chilometri quadrati intorno all’Antartide.

Forse non tutti sanno che oltre ai giapponesi continuano la caccia anche Norvegia, Islanda e Danimarca, ma ‘in teoria’, limitandosi alle proprie acque territoriali e rispettando i quantitativi stabiliti dal IWC. Il Giappone invece come detto, ha continuato anche nel santuario mascherando gli eccidi con una presunta ridicola ricerca scientifica.

Grazie alle continue pressioni internazionali e vere e proprie guerriglie da parte di Sea Shepherd, la carne di balena è diventata roba da “pochi deficienti” (lo scrivo senza problemi), probabilmente i più anziani, e i conservatori affezionati a quella che oramai è squisitamente una moda sovranista: il Giappone deve cacciare balene perché è tradizione (…). Ora il 5% su 126 milioni non è poca roba, per cui si spera che ben presto le vecchie generazioni concludano il loro glorioso percorso su questa terra, lasciando spazio ai giovani che non sanno neanche cosa sia la carne di balena.

A me spaventano paesi come questi, così come tutti i fanatismi culturali e religiosi. Non so se avete mai avuto a che fare con un giapponese, ma tanto per dirne una, basta guardare i turisti: loro viaggiano esclusivamente con il tutto estremamente organizzato dalla partenza al ritorno. Mai visto un giapponese uscire dal percorso, persino di shopping, ben studiato e indicato nella loro guida. Sono così e non c’è nulla da fare. Voi pensate che i tedeschi siano tagliati con l’accetta, ma c’è chi li supera e questi sono i giapponesi, tra l’altro estremamente nazionalisti, anzi peggio devoti alla divinità, il loro imperatore… sconvolgente.

Ma il governo è comunque composto da persone politiche, di conseguenza ha dovuto far fronte ai costi enormi produttivi per contrastare Sea Shepherd, e alla drastica diminuzione di richiesta della carne. Quindi con l’ufficializzazione della ripresa alla caccia, ha ottenuto due risultati, esaltare i nonnini nostalgici, salvando la faccia per non ammettere la sconfitta, ma in realtà appunto uscire dal IWC, consapevoli che ora il santuario diventa off limits: il Giappone potrà cacciare solo in acque nazionali, continuando il loro teatrino in costante declino.

La guerra non è ancora conclusa del tutto, e si spera che i giovani man mano diano una sferzata di intelligenza mettendo fine a queste brutalità anacronistiche. Ma per il momento Sea Shepherd ha vinto!

E un grazie dunque a Paul Watson per averci regalato questa vittoria con cui festeggiare la fine del 2018 e guardare al nuovo anno con più ottimismo.

A domani per gli auguri 🙂