Se siete un po’ vagabondi del mare, come me, avrete spesso scelto la rada al posto di un affollato e costoso marina. Vi sarete subito trovati a misurare la difficoltà della mancanza di energia elettrica, della quale, ci sembra di non poter fare a meno. Ancora una volta racconterò la mia esperienza e le mie scelte in tal senso, non perché queste siano l’unica o la migliore soluzione, ma semplicemente perché io ho risolto così.
Il mio impianto di bordo ha subito nel tempo le seguenti modifiche: ho sostituito tutte le lampade ad incandescenza, con altrettante lampade a led, a partire dalla luce di fonda, quelle di via, il faro che illumina il ponte e tutte le luci interne. Ho anche predisposto delle luci notturne di colore azzurro, bassa intensità e consumo ridicolo da poter tenere accese anche durante la notte. Si sa, le barche sono piene di spigoli. Per voi stessi o se ospitate persone a bordo, vi sarete sicuramente ritrovato qualcuno che in mezzo al mare, pretendeva di collegare ad una presa elettrica il carica batterie del cellulare che utilizzava a casa. Per questo motivo ho distribuito una linea 12 Volt, con specifico adattatore da parete con 2 prese USB per ogni cuccetta. Basterà tenere a bordo qualche cavo USB e il problema della ricarica dei tablet, cellulari ecc. sarà risolto. Il frigorifero è di gran lunga l’utenza più avara di energia a bordo e per questo io lo utilizzo unicamente in banchina collegato alla 220 Volt. In navigazione ed in rada mi affido al mare immergendo in contenitori stagni i prodotti deperibili, che comunque cerco di imbarcare il meno possibile. Una retina in nylon di quelle che la nonna usava per mettere la spesa è perfetta, filata di poppa con una cima per tenere a temperatura accettabile acqua, birra ecc. Esistono gli “Inverter” apparecchi in grado di ottenere 220 volt prelevando corrente dalle batterie a 12 volt, ma sono delle macchine dal rendimento scarsissimo rispetto al consumo. Se ci collegate una ghiacciaia, la vostra batteria vi dirà addio in poche ore se non sarete collegati alla banchina e in quel caso, l’inverter sarebbe inutile. Per le signore che non possono far a meno del phon dopo essersi fatte lo shampoo, consiglio di ripiegare sui più tradizionali e confortevoli Hotel, anziché la spartana ma poetica barca a vela. Per finire tra le utenze che ho collegato a bordo c’è la radio VHF ed un’autoradio che uso pochissimo e a basso volume, i watt di potenza si tramutano in Ampere consumati. Le batterie di bordo, nella mia barca, gestiscono anche l’avviamento elettrico del motore.
Siamo dunque alle sorgenti di ricarica delle nostre batterie. Per prima avrete probabilmente un alternatore collegato al motore, in grado di caricarle, ma partendo dal presupposto di andare a vela in una giornata di navigazione le ore di motore acceso potrebbero essere veramente troppo poche. Ecco che la natura ci viene ancora una volta incontro. Le due soluzioni possibili sono “pannello fotovoltaico” o “generatore eolico”. Il secondo è una sorta di ventilatore esposto all’esterno che mosso dal vento produce energia, ma produce anche rumore e vibrazioni e quindi non è stata la mia scelta.
Il pannello fotovoltaico è risultata invece la soluzione ideale: Efficace, silenzioso, continuo ed infaticabile nel suo lavoro. Io ho a bordo due batterie da 60 Ah ed un pannello da 100 Watt / 19 Volt, con le utenze prima descritte, risulta più che sufficiente. Realizzando una piccola struttura in tubolare di acciaio ASI316 ho posizionato il pannello solare in piano rispetto alla barca, all’estrema poppa in modo da ricevere il più possibile in sole, grosso modo ad ogni ora. Se fosse stato orientabile nel corso della giornata, la resa del pannello sarebbe stata superiore, ma fatti i dovuti test, a me è bastato fare così.
Tra il pannello solare e le batterie occorre inserire un “regolatore di ricarica” una scatoletta che ha una morsettiera e propone il collegamento dei due fili che vanno al pannello e delle due batterie di bordo. Il regolatore si occuperà di evitare sovraccarichi, di distribuire equamente la ricarica tra le due batterie e eviterà fenomeni di ritorno di corrente dalle batterie al pannello solare che in caso potrebbe danneggiarsi.
Ultimo marchingegno che ho collegato all’impianto, un caricabatterie da auto, di piccole dimensioni, che, durante le soste in banchina, ricarica le batterie in modo uniforme e completo.
Potrebbero essere utili dei cavi di collegamento al pannello solare con connettori già intestati e ben isolati per le intemperie, come questi.
Ecco il semplice schema di collegamento.

Navigare col vento e vivere con l’energia del sole e magari mangiando il pesce pescato in giornata, eleverà il vostro spirito, superata la fase dello stupore ovviamente e l’ambiente ve ne sarà grato.
Alberto Gamannossi passa molto tempo a bordo della sua amata “Bibis”, un First 24, di cui si occupa totalmente della manutenzione, sotto ogni aspetto. È un sognatore e per questo condivide il nostro messaggio di decrescita, e a breve si trasferirà a vivere in barca. Nel frattempo porta avanti con impegno il suo blog “Il respiro del mare“.
Grazie, un articolo semplice e comprensibile, mi ci voleva per chiarirmi un poco le idee.