Come rimediai quella volta che… Imbarcammo acqua.

Parte di questa storia l’ho raccontata anche nel libro “Si può fare“, ma a pensarci ancora oggi qualche brivido (misto a divertimento) sale sulla schiena.

Stavamo vivendo la prima vera traversata mediterranea da soli, il salto, da Reggio Calabria a Argostoli, in mezzo lo Ionio e nessun contatto radio con la terra ferma: se vogliamo per due novelli tanta roba.

Era la seconda notte che trascorrevamo in mare, e ripeto nel punto di non ritorno. Il vento non soffiava più e il fedele Yanmar svolgeva il suo compito ausiliario: ci separavano ancora almeno 150mn e sapevamo di una piccola depressione che preferivamo non testare, laddove le onde prendono forza da Trieste fino al nostro punto nave.

Il mio turno era finito, circa le 2:30 del mattino, Başak al timone io in cuccetta a spegnermi in 3 nanosecondi. Dopo un’ora che mi vedeva ampiamente in modalità letargo, Başak al suo solito, mi sveglia al pari di uno sbattimento di pentole vicino le orecchie, “GIAMPAOLOOOOOO! C’È ACQUA IN SENTINAAAAA!”. Io solitamente riflessivo, e più che altro scettico nei confronti dell’ansiosa moglie, mi alzo “prontamente” e trascinandomi ai piedi della scaletta, mi accingo al classico e delizioso assaggio del liquido inopportuno. E con mia sorpresa, e gratificazione (relativa) del comandante di turno, dovetti ammettere l’abbondanza di cloruro di sodio: in poche parole c’era acqua di mare in sentina e anche in discreta quantità.

Una piccola marcia indietro.

Başak si accorse dell’acqua non per poteri soprannaturali, ma per via di un rumore sospetto proveniente dalla cabina di poppa, dove cioè si trova anche il motore.

Fu così che in un attimo spagliolando spagliolando, scoprimmo la causa: la marmitta si era fessurata e l’acqua usciva a fiotti creando a quel punto un bel problema.

All’epoca montavamo come marmitta la classica Vetus di materiale plastico-gommoso, e proprio questo costituì l’aggravante per via della difficile riparabilità; la pressione del circuito faceva si che il “corpo” si comportasse come un polmone elastico, cosa non compatibile con i normali rimedi più adatti a strutture rigide,

L’ulteriore questione era legata come detto all’assenza di vento, il che ci trasformava in una gigantesca boa in mezzo allo Ionio e in piena rotta commerciale.

D’accordo, senza perderci d’animo ma con poca speranza vista la poca portata del VHF, lanciammo un Securité per avvisare della circostanza, e con nostra sorpresa rispose Compamare Crotone. Gentilmente si misero a disposizione e, una volta date le coordinate da diffondere al traffico circostante, rimanemmo d’accordo su un successivo contatto per avvisare sugli sviluppi. In fondo non eravamo proprio dispersi e soli.

A quel punto necessitava rimboccarsi le maniche e come primo tentativo, dopo aver spento il motore e chiuso la presa a mare, smontai la marmitta svuotandola e asciugandola come possibile. L’idea era di inondarla di mastice a presa rapida sperando che la gomma interagisse adeguatamente con la soluzione tampone. Nulla, proprio l’elasticità della marmitta unita alla pressione, ne decretarono l’insuccesso.

Rismonta, riasciuga e ripensa.

A quel punto Başak ebbe l’illuminazione. Eureka!

Dopo aver riabbondato con mastice e altri adesivi siliconici di varia natura, avvolgemmo la marmitta con metri e metri di pellicola trasparente, quella classica da cucina, tipo Domopak.

Io ero un po’ perplesso a dire la verità, e tra un sorriso sarcastico e una battuta, rimontai il fardello pronto all’ovvia delusione.

Invece, il kit improvvisato resse. Con la gioia di Başak e anche mia, consapevole ora più che mai, di avere accanto una compagna all’altezza della situazione.

Il test durò poco comunque, in quanto tornò il vento e questo ci consentì di rilassarci per un bel po’, dopo certo aver avvisato Compamare Crotone che la boa aveva messo le ali.

Atterrammo ad Argostoli, dove contavamo di acquistare la marmitta nuova.

Purtroppo pura illusione. In Grecia a meno di essere proprio ad Atene o dintorni, non sempre tutti i pezzi di ricambio sono presenti, e minimo occorrono alcuni giorni (e speranza) per vederli arrivare.

Fiduciosi del risultato, procedemmo a migliorare la riparazione: in effetti il tutto teneva, ma non completamente, e un piccolo rigagnolo via via crescente, continuava a destare un po’ di preoccupazione, dato che la nostra rotta ci doveva portare a Bodrum, molte miglia più in là.

Via telefono chiesi un parere all’amico Manuel, sempre pronto e disponibile anche dalla lontana Roma, a dare una mano ai suoi inesperti amici.

Il consiglio fu quello di utilizzare della vetroresina per “mummificare” la marmitta!

Per fortuna i locali ferramenta simil nautici avevano l’occorrente. Io, oltre la giusta idea dell’amico, aggiunsi del materiale vulcanizzante, trattandosi di gomma per l’appunto.

E quindi eccomi con un barattolo di resina epossidica, fibra di vetro, pennelli e liquido vulcanizzante.

Procedetti ovviamente prima alla vulcanizzazione, e poi con calma, una volta trascorso il tempo necessario, iniziai la seconda fase.

Mi produssi in un’opera ai limiti dell’alta sartoria, e fu così che nacque quindi Marmittonkamen.

Rimontato il tutto, pronti a salpare.

Ma non facemmo in tempo a mollare le cime, che la certezza del buon lavoro eseguito si scontrò con la realtà: la marmitta perdeva ugualmente. Disdetta.

Nulla. Era una questione di pazienza Zen, che ci riconduceva sempre sulla strada di prima: la pellicola.

Riapplicato a dovere dall’esperta Başak un intero rullo appena acquistato, il test diede esito positivo.

Lo so può sembrare assurdo, del semplice Domopak contro vetroresina artigianale, e vulcanizzante, ma se vogliamo è anche il bello della vita sempre pronta a sorprenderti e a confutare ogni certezza.

Atterrammo dopo splendide navigazioni a vela a Bodrum qualche giorno dopo, dove potemmo acquistare finalmente la nuova e attuale marmitta, modello Vetus ma in plastica rigida.

Morale della favola amici, non diffidate a priori delle soluzioni più semplici e apparentemente assurde, perché molte volte saranno loro a trarci fuori dall’impasse. Aprite la mente e guardate ogni oggetto oltre la propria specifica e originaria funzione.

Ma soprattutto date ascolto a vostra moglie!

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