Sono passati 3 mesi da quando abbiamo salutato Yakamoz (qui puoi leggere il primo episodio del trasferimento dalla Turchia alla Francia) ed è arrivato il momento di fare il punto.
E non posso prescindere da come molti percepiscano il 2020: un anno di merda!

Inizio così a gamba tesa, come da mia abitudine senza peli sulla lingua, anche perché spazio per altro francamente non ce n’è (prego chiunque abbia piacere, di riportare la propria esperienza tra i commenti).

Io che ne penso? In linea di massima certamente sposo la conclusione lapidaria; poi però cerco di fare un esercizio (arduo) di obiettività, mettendo da parte per il momento la posizione prettamente personale.
Andiamo di schemino, forse il modo migliore per non perder traccia dei vari aspetti.
 

COSE BRUTTE:
 

– Sono morte persone che probabilmente sarebbero sopravvissute mesi o anni in più (forse): va debitamente specificato che la maggioranza sono anziani multipatologici, molti allettati da tempo e dunque non propriamente soggetti sani e nel fiore dell’età

– Si sono suicidate molte più persone del normale: giovani e nel fiore dell’età

– Tantissimi hanno perso un lavoro: giovani e non

– Le aziende e attività chiuse hanno raggiunto un numero impressionante

– Le economie mondiali sono andate in crac

– I bambini traumatizzati e costretti a convivere con la paura dell’altro per chissà quanti anni

– I giovani hanno perso un anno (sperando basti) della loro preziosissima giovinezza

– Molti anziani hanno perso un anno preziosissimo della loro vita accanto i propri cari

– Si è instaurata e diffusa una psicosi collettiva incredibile ma non inspiegabile: difatti è grazie ai governi e alla scientifica politica di diffusione del panico tramite ogni mezzo mediatico colluso, che ciò è potuto avvenire; lampante, coltello caldo nel burro di una società basata sulla precauzione; lontano ricordo di chi lottò col sangue per regalare la libertà e il diritto a una vita degna d’essere vissuta a chi, evidentemente, non se la meritava.

– Le masse non hanno approfittato di questi arresti domiciliari, diretti o indiretti (vedi sopra), per migliorare se stessi; nessuna esigenza di approfondimento; al contrario schieramento convulso contro o a favore di; si è verificato un abbrutimento generalizzato.

Tutto per un “virus” con un tasso di letalità dello zero virgola…

Tutto per l’incapacità iniziale (parliamo di 1 mese massimo) di strutturare la sanità, già fortemente depredata, con più reparti di TI e protocolli efficaci; deficienze a cui sostanzialmente ancora oggi non si è provveduto a colmare, tranne per quei medici volenterosi e dissidenti che “al posto della tachipirina usano l’aspirina” (semplifico chiaramente ma il succo è quello).
 

COSE BELLE:
 

– In molti sono riusciti a migliorarsi; alcuni hanno cambiato idea su diversi argomenti avendoli potuti approfondire

– I titubanti ora hanno chiaro il da farsi per il proprio futuro

– Senza la possibilità di acquistare boiate e “grazie” agli stop coercitivi (special modo nella prima fase), i nodi famigliari sono arrivati al pettine; altri si sono sciolti e si è dato più valore ai rapporti personali.

– Le amicizie si sono palesate, eliminando quelle conoscenze che poggiavano solo sull’eccedenza di socialità; quest’ultime difatti profondamente ipocrite in alcuni casi, superficiali in molti altri

– L’ipocondria galoppante ha messo a nudo il proprio essere e il rapporto di noi stessi con il mondo e l’esistenza.
 

Noi e il 2020
 

Dopo una brevissima disamina generale che non ha alcuna pretesa di essere esaustiva (chi mi conosce sa quante ne avrei da dire), passo alla sfera personale e come il 2020 abbia condizionato la vita mia e di Başak, nella speranza di stimolare riflessioni.
Quando tutto scoppiò, a Febbraio, noi ci trovavamo esattamente a Marsiglia, in avanscoperta della futura barca e alla ricerca della “casa di riposo” per Yakamoz.
Eravamo emozionati e felici come la prima volta, nei primi anni del 2000, quando l’ovni dei sogni stava lì lì per materializzarsi. Si trattava in effetti della seconda visita a una barca importante, impegnativa a dir poco, completamente da restaurare, e la stavamo “annusando” ancor più tecnicamente grazie a un caro amico esperto di lungo corso.
La trattativa anche aveva fatto passi da gigante, ma rimaneva l’ultimo fondamentale gradino, ovvero le conferenze per promuovere questa avventura meravigliosa (e spaventosa visto l’azzardo).
Come noterete la mia riservatezza tradisce il desiderio di compimento; in fondo una speranza affinché i bei tempi tornino presto nella vita di tutti.

L’epilogo fu che il mondo crollò e la barca venne venduta a un tizio al momento dedito alla sua “distruzione”, vista l’imperizia con il tipo di materiale: si, capitò di passare sul luogo del delitto a dire addio a quel sogno ciclopico.
La volontà di portare avanti il nostro progetto pertanto rimane e già stiamo adocchiando altri gusci idonei allo scopo; ma per forza di cose anche, dati gli spostamenti ridotti o soggetti a restrizioni e controlli invasivi a cui ci rifiutiamo di sottostare, non possiamo che attendere il 2021. In un certo senso è auspicabile superare simbolicamente quello che come da premessa sembrerebbe essere l’anno più infausto degli ultimi decenni.

Dunque la “pseudo pandemia” (stiamo attendendo con ansia i dati sulla mortalità del 2020 per capire le dimensioni di questo “incredibile” disastro…) fa saltare il nostro progetto e quello di molti altri amici; cose da nulla se rapportate alle chiusure anzidette e suicidi collegati.
Oltretutto conosco più di una persona alle prese con importanti difficoltà visti gli impegni economici presi in precedenza. Come la maggior parte degli esseri umani del resto.

 

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Ed ecco le prime differenze tra i nostri sogni e quelli degli altri.

Sono solito dire in questi giorni che in fondo ciò a cui assistiamo oggi, non è ne più ne meno che la derivazione dello stesso sistema da cui prendemmo le distanze 12 anni fa. Ovvio, l’ecatombe sociale e i mezzi utilizzati nel 2020 non sono paragonabili alla latenza del 2008; tuttavia l’odore, o meglio la puzza, è quella… sempre quella.
Anche la popolazione da cui preferimmo vederci a diverse miglia lontani, è la stessa. Solo che ora ha mostrato tutta la pochezza e la viltà di cui fosse capace; prima celata, mascherata, “atteggiata” ad altro, per alcuni. Ma… sempre quella.
Purtroppo ci siamo anche resi conto di trovarci in mezzo a diversi popoli uniformati nei sentimenti, o meglio, nelle paure; e questo, devo ammetterlo, ci ha disorientati parecchio, avviliti, rattristati, confinati nell’angolo dei pochi: se prima pensavamo di essere la particella di sodio della nota acqua minerale, ora la diluizione è drammatica.
Per tornare ai primi anni, all’inizio ci illudemmo che di lì a breve avremmo incontrato tanti altri “Giampaolo e Başak” alla ricerca di anime gemelle, affinità elettive; durò un battito di ciglia, il che ci spinse a contare sempre e solo sul nostro binomio: c’è da dire che la nostra è una “coppia individualista”; amo definirla così in quanto rappresenta effettivamente il carattere libero di due persone molto coese che si amano e mettono se stessi al primo posto. Poi tutto il resto.
Sintetizzando: frequentare persone piacevoli è meraviglioso, perfettamente in linea con le regole sociali pertinenti all’essere umano; ma nel malaugurato caso in cui ciò non dovesse avvenire, obbligandoci a interazioni superficiali e lontane da noi, bé, preferiamo il vecchio adagio “meglio soli che mal accompagnati”; ci bastiamo.
Ebbene quella scelta di libertà oggi ci sta pagando.

Altro aspetto, i soldi. Comprendemmo da subito di non poter contare su un reddito fisso derivante da affitti o a sedicenti certezze di altro tipo; la cosa ci convinse sempre più a puntare sui bassi costi come protezione aprioristica della nostra nuova esistenza.
Oggi quella ricerca di libertà ci sta pagando.

La fortuna di aver scelto di vivere in Portogallo nei mesi invernali, ha permesso pressoché il mantenimento delle nostre abitudini: in buona sostanza il lockdown e la pandemia non ci hanno intaccati minimamente a livello sociale. Perché la vita era impostata sullo scrivere, portare avanti i blog, in particolare quello di Başak (fantastico e impegnativo); goderci la piccola e deliziosa casa, conquistata dopo 12 anni di dipendenza dalle reciproche famiglie per appendere una maglietta e 2 pantaloni; passeggiate nella natura o in riva all’oceano; sport; caffè e pause al sole dell’Algarve e via dicendo.
Immagino quanto possano aver sofferto coloro i quali invece amassero andare in discoteca, in palestra, al cinema; al ristorante, in pizzeria, al McDonald; nei centri commerciali; o semplicemente avessero le nostre stesse abitudini ma in un paese dedito al masochismo, quale l’Italia.
La libertà di scegliere dove risiedere, nello specifico in un paese povero ma dignitoso, si è rivelata vincente.

Più importante, l’aver strappato da anni il bene più prezioso di un essere umano, ovvero il TEMPO, ci ha permesso altresì di leggere, informarci, lottare, costruire un’idea più adeguata su quanto stesse accadendo; non accontentandoci delle facili spiegazioni o prese di posizione delegate, così come la massa è costretta a fare per evidente assenza di spazi vitali; soprattutto abbiamo potuto rimodellare i nostri progetti. Adesso tutto più complicato d’accordo, ma se il piano A non dovesse partire, speriamo nel piano B, augurandoci di non dover salire… su una zattera.

Tutto quanto detto fornisce risposta a chi durante questi mesi ci chiedeva come ce la passassimo, quali problemi, difficoltà avessimo affrontato. Maggiormente forse spiega meglio il perché io abbia provato per 11 mesi a lottare per diffondere concetti, verità che ritenevo e ritengo tutt’ora validi.
Io, noi, gli ultimi a doverlo fare poiché già realizzati e non privati di un sogno da esaudire.
Il nostro sogno lo abbiamo conquistato molti anni fa e come ampiamente ribadito non è stato l’acquisto di una barca; quest’ultima un mezzo, non un fine; il fine era ed è la ricerca della libertà, per quanto ciò possa esistere o avere un senso. Vedere come il concetto di libertà nel mondo venisse meno, annientato da dittature subdole come cavalli di Troia, non riuscivo ad accettarlo, tanto per me ha valore.

Ed eccomi qui a farvi gli auguri di Natale, una festività depauperata di ogni aspetto, da quello religioso al senso di famiglia, che spesso per molti, qui, in questo unico giorno, trova compimento.
Vorrei pertanto augurarvi di dare un senso a quest’anno infausto, che come una burrasca poi rafforza il marinaio, prima d’essa ignaro di molto se non di tutto.
Vorrei augurarvi di fuggire: non appena sarà possibile fatelo.
Fuggite da questa distopia, fuggite dalle convenzioni, dalle catene moralistiche; andate via dai facili pensieri, non accontentatevi; traete lezione da quanto accaduto e non spendete l’insegnamento negli schemi di prima. Non importa se scappare significhi restare, fisicamente dove siete ora; la fuga a cui mi riferisco non è per forza materiale bensì mentale; è la conquista della consapevolezza di cosa è giusto e cosa, veramente, sbagliato; di quali siano in realtà i nemici e quali gli amici, ora per fortuna chiarissimo; con chi spendere il vostro preziosissimo tempo.
Fuggite dall’idea di essere immortali, la vita è ora e adesso, non domani chissà.
In un’unica e capiente parola, liberatevi.

 

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